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Covid, la denuncia: così in Brianza muore il contact tracing

30 ottobre 2020 | 15.08
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Sette giorni d'attesa per un tampone, quarantene tardive, ritardi nell'isolamento dei malati: lo sfogo dei camici bianchi di Monza e Lecco

(Afp)
(Afp)

Sette giorni d'attesa per un tampone, quarantene tardive, ritardi nell'isolamento dei malati. Così in Brianza muore il contact tracing. A denunciarlo sono i medici di famiglia che in questi giorni si sono riuniti proprio per affrontare il nodo "dell'incremento esponenziale di casi di Covid-19 e di conseguenza dell'incremento di lavoro e rischio a cui i medici di medicina generale del territorio di Ats Brianza sono sottoposti ed esposti ogni giorno". A tracciare un quadro sono i rappresentanti della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) Monza e Lecco.

Sono giorni difficili per quest'area della Lombardia. In particolare, la provincia di Monza e Brianza ieri era alla soglia dei mille positivi giornalieri. "In questi giorni di risalita della curva dei contagi la nostra Ats ha presentato le maggiori criticità nella funzione del Dipartimento di Igiene e Prevenzione e Salute (Dips)", scrivono ai colleghi delle sezioni provinciali Marino Lafranconi (segretario Fimmg Lecco), Carlo Maria Teruzzi, segretario Fimmg Monza, insieme ai colleghi Marco Grendele, Domenico Picone, Aurelio Limonta.

Elencano le gravi criticità che stanno incontrando in questi giorni: "Il fallimento del lavoro di contact tracing nel sottoporre a tampone tempestivamente i pazienti sospetti e i contatti dei casi accertati e la sostanziale incapacità dei punti tampone messi in campo da Ats". Il problema è che "l'attesa di un tampone ormai si attesta intorno ai 7 giorni dalla segnalazione sul Portale - incalzano i camici bianchi - In taluni casi i pazienti vengono contattati direttamente in decima giornata per la riammissione a lavoro. I reiterati ritardi nell'erogazione dei protocolli di isolamento per i casi Covid sospetti o accertati e di quarantena per i contatti stretti".

E poi ci sono "le difficoltà a evincere indicazioni chiare, utili a supportare chi si occupa nel territorio dei problemi di ogni giorno: i medici di famiglia si trovano smarriti a interpretare comunicazioni sovente contraddittorie, impediti a dare risposte al cittadino disorientato. In sintesi, non si coglie il senso di una strategia orientata a fronteggiare l'ondata crescente della pandemia al fianco delle cure primarie". "Ci è stato imputato - raccontano - di segnalare 'troppi casi' o 'doppioni' (i contatti stretti inseriti più volte). Ma per predisporre tempestivamente le segnalazioni ci avessero almeno dotato di uno strumento virtuoso, utile per risalire alle inchieste epidemiologiche già eseguite". "Non possiamo più tollerare - ammoniscono i camici bianchi - che il lavoro della medicina di famiglia rincorra carenze strutturali senza vedere riconosciuto il nostro ruolo di regia del territorio".

"Ci chiediamo perché in questi mesi non sono stati potenziati i servizi fondamentali che, in occasione della prima ondata, hanno rivelato tutta la debolezza organizzativa. La situazione sanitaria sul territorio si sta aggravando, l'andamento epidemiologico dell'ultima settimana pone la nostra Ats e in particolare la provincia di Monza tra le più colpite a livello regionale e nazionale. La medicina generale del territorio di Ats Brianza sarà prossimamente protagonista con le vaccinazioni antinfluenzali e anche con l'esecuzione dei tamponi diagnostici, alla luce del recente Accordo collettivo nazionale, debitamente supportata dalle organizzazioni di cui ci siamo dotati. Stiamo lavorando tutti insieme - concludono - con il personale di studio e con le figure professionali infermieristiche da un lato e con le cooperative dei medici dall'altro, sempre accanto ai cittadini che in noi hanno riposto fiducia".

"Con amarezza assistiamo a tentativi, assurdi e pretestuosi, di screditare la categoria, imputando ai medici di famiglia la responsabilità della disorganizzazione" nella gestione di Covid-19. "Forse qualcuno si dimentica quando siamo stati lasciati senza dispositivi di protezione individuale nel mese di marzo? Noi no. Quanti colleghi abbiamo lasciato sul campo? In questi mesi la medicina di famiglia ha implementato numerosi compiti e funzioni per colmare le carenze organizzative della sanità territoriale della nostra Regione".

"Ci stiamo occupando della sorveglianza sanitaria, partecipiamo fin dalle prime fasi al contact tracing, segnalando e isolando al domicilio i contatti stretti, identificati con certezza, senza mai, tuttavia, ricevere le necessarie comunicazioni di isolamento/quarantena: questi documenti, ricordiamo, in base al Dpcm dell'8 marzo 2020 sono fondamentali per le emissioni delle certificazioni in V29.0", segnalano il segretario provinciale Fimmg Monza, Carlo Maria Teruzzi, insieme ai colleghi Marco Grendele, Domenico Picone, Aurelio Limonta, e a Lafranconi per la sezione lecchese.

Ancora, la burocrazia: "Recentemente abbiamo iniziato a svolgere mansioni meramente amministrative, come la prenotazione dei tamponi naso-faringei molecolari per ricerca del Covid (con adesione volontaria e gratuita), sopperendo alle inefficienze del sistema. Che dire del dispositivo informatico di prenotazione? Sovente inagibile, è lacunoso e perennemente lento nel finalizzare la prenotazione".

La medicina generale, riflettono i camici bianchi Fimmg, "ha vissuto nell'ultimo anno la trasformazione più radicale, mai vista in 50 anni dalla legge 833 del '78, della propria attività con questa pandemia sono aumentate le incombenze e i rischi di una professione di continuità con la popolazione malata, fragile e anziana. Non vogliamo essere eroi, come ci hanno descritto (e subito dimenticato). Al nostro lavoro siamo fedeli, nel rispetto del codice deontologico e del rapporto fiduciario che ci lega ai nostri pazienti, che continuiamo ad assistere nei nostri studi e, nonostante la pandemia, sovente anche nelle loro case, con l'aiuto delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale)".

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