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'Il sorriso che porta alla gioia', le parole di Papa Francesco in un saggio da domani in libreria

17 novembre 2020 | 14.00
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Un volume, edito da 'pienogiorno' in collaborazione con l'Editrice Vaticana, raccoglie discorsi, passi salienti di encicliche e interviste. Nel libro anche il colloquio che il Papa ha avuto nei giorni scorsi con il direttore dell'Adnkronos Gian Marco Chiocci

'Il sorriso che porta alla gioia', le parole di Papa Francesco in un saggio da domani in libreria

di Elena Davolio

Papa Francesco, la sua Chiesa che "sempre deve sorprendere o va ricoverata in rianimazione" e il mondo di oggi che non sa più piangere. Nelle pagine del nuovo volume 'Ti auguro il sorriso per tornare alla gioia' (edito da Libreria pienogiorno in collaborazione con l'Editrice Vaticana e da domani in tutte le librerie) è racchiuso il segreto della gioia cristiana, riferimento centrale in tutto il magistero di Papa Francesco. Nel libro, che raccoglie discorsi, passi salienti di encicliche, interviste di Bergoglio sui voli papali (c'è anche il colloquio che il Papa ha avuto nei giorni scorsi con il direttore dell'Adnkronos Gian Marco Chiocci), Francesco ricorda che "se la Chiesa è viva, sempre deve sorprendere. È proprio della Chiesa viva sorprendere. Una Chiesa che non abbia la capacità di sorprendere è una Chiesa debole, ammalata, morente e deve essere ricoverata nel reparto di rianimazione, quanto prima".

Il libro è anche un vero e proprio test per i cattolici. Bergoglio chiede infatti: "Quando incontro chi dorme esposto alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un'immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal Padre, un'immagine di Dio, un fratello redento da Cristo. Questo è essere cristiani! O si può forse intendere la santità prescindendo da questo riconoscimento vivo della dignità di ogni essere umano?".

Il nostro è un mondo che non sa più piangere, denuncia addolorato Bergoglio: "Al mondo di oggi manca il pianto! Piangono gli emarginati, piangono quelli che sono messi da parte, piangono i disprezzati, ma noi che facciamo una vita più meno senza necessità non sappiamo piangere. Certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime. Invito ciascuno di voi a domandarsi: io ho imparato a piangere? Piango quando vedo un bambino affamato, un bambino drogato per la strada, un bambino senza casa, un bambino abbandonato, un bambino abusato, un bambino usato come schiavo per la società? O il mio è solo il pianto capriccioso di chi vorrebbe di più? Questa è la prima cosa che vorrei dirvi: impariamo a piangere. Gesù nel Vangelo ha pianto, ha pianto per l’amico morto. Ha pianto nel suo cuore per quella famiglia che aveva per- so la figlia. Ha pianto nel suo cuore quando ha visto quella povera madre vedova che portava al cimitero suo figlio. Si è commosso e ha pianto nel suo cuore quando ha visto la folla come pecore senza pastore. Se voi non imparate a piangere non siete buoni cristiani. E questa è una sfida". Più che mai importante nel tempo della pandemia. "Oggi, davanti a un mondo che soffre tanto, a tanta gente che soffre le conseguenze di questa pandemia, io mi devo domandare: sono capace di piangere?", chiede Francesco.

Bergoglio mette in guardia quei cattolici che camminano senza fare strada: "Ci sono tanti, anche cristiani e cattolici di comunità, che non camminano. C’è la tentazione di fermarsi. Ne abbiamo tanti di cristiani fermi. Hanno una speranza debole. Sì, credono che ci sia il cielo, ma non lo cercano. Seguono i comandamenti, compiono i precetti, tutto; ma sono fermi. E il Signore non può trarre lievito da loro per far crescere il suo popolo. Poi ci sono altri, quelli che sbagliano strada. Tutti noi alcune volte abbiamo sbagliato strada. Ma il problema non è sbagliare strada. Il problema è non tornare indietro quando ci si accorge che si è sbagliato. È la nostra condizione di peccatori che ci fa sbagliare strada. Camminiamo, ma alle volte prendiamo la strada sbagliata. Tornare indietro si può: il Signore ci dà questa grazia, di poter tornare. C’è un altro gruppo, che è più pericoloso perché si inganna da se stesso. Sono quelli che camminano ma non fanno strada. Sono i cristiani erranti: girano, girano come se la vita fosse un turismo esistenziale, senza meta, senza prendere le promesse sul serio. Quelli che girano e si ingannano".

Bergoglio si rivolge a tutti quando invita a non dimenticare la propria dignità: "Gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all'estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di sognare la bellezza guardare a se stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che annullino completamente l'apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua a incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. A ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità, che nessuno ha diritto di toglierle".

La bellezza di cui parla papa Francesco va al di là dell'apparenza e del gusto estetico: "C’è una bellezza straordinaria nella comunione della famiglia riunita intorno alla tavola e nel pane condiviso con generosità, anche se la mensa è molto povera. C’è una bellezza nella moglie spettinata e un po' anziana che continua a prendersi cura del marito malato al di là delle proprie forze e della propria salute. Malgrado sia lontana la primavera del corteggiamento, c’è una bellezza nella fedeltà delle coppie che si amano nell'autunno della vita e in quei vecchietti che camminano tenendosi per mano. C'è una bellezza che va al di là dell'apparenza o dell'estetica in ogni uomo e ogni donna che vivono con amore la loro vocazione personale, nel servizio disinteressato per la comunità, per la patria, nel lavoro generoso per la felicità della famiglia, impegnati nell'arduo lavoro anonimo e gratuito di ripristinare l'amicizia sociale. Scoprire, mostrare e mettere in risalto questa bellezza, che ricorda quella di Cristo sulla croce, significa mettere le basi della vera solidarietà sociale e della cultura dell’incontro".

Per riappropriarsi della vera gioia, dice Bergoglio, bisogna imparare a non essere 'pipistrelli nelle tenebre': "Ci sono persone - anche noi, tante volte – che non possono vivere nella luce perché abituate alle tenebre. La luce le abbaglia, sono incapaci di vedere. Sono dei pipistrelli umani: sanno muoversi soltanto nella notte. E anche noi, quando siamo nel peccato, siamo in questo stato: non tolleriamo la luce. È più comodo per noi vivere nelle tenebre; la luce ci schiaffeggia, ci fa vedere quello che noi non vogliamo vedere. Ma il peggio è che gli occhi, gli occhi dell'anima, dal tanto vivere nelle tenebre si abituano a tal punto che finiscono per ignorare cosa sia la luce. Tanti scandali umani, tante corruzioni ci segnalano questo. I corrotti non sanno cosa sia la luce, non la conoscono. Anche noi, quando siamo in stato di peccato, in stato di allontanamento dal Signore, diventiamo ciechi e ci sentiamo meglio nelle tenebre e andiamo così, senza vedere, come i ciechi, muovendoci come possiamo".

Il segreto della vera gioia cristiana è racchiuso anche nel sapersi vergognare ogni tanto. "Anche la vergogna - dice il Papa- è buona, è salutare avere un po' di vergogna, vergognarsi è salutare. Quando una persona non ha vergogna, nel mio Paese diciamo che è un 'senza vergogna', un 'sin verguenza'. Invece anche la vergogna fa bene, perché ci rende più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona. Anche dal punto di vista umano, per sfogarsi, fa bene raccontare al sacerdote i propri peccati, che sono tanto pesanti nel cuore".

Il volume 'Ti auguro il sorriso' racconta anche il Bergoglio più segreto, quello che prima di addormentarsi, come ha raccontato lui stesso, si prende quel 'tempino' per fare un bilancio della giornata, anche su "invidie" provate: "Cosa penso prima di andare a letto? Alle volte non c’è posto per pensare: bum!, cadi nel sonno perché sei stanchissimo. Succederà anche a voi questo. Di solito cerco di andare a letto prima e di fermarmi un po' per vedere cosa è passato nel mio cuore durante il giorno. Quali sentimenti. E mi domando: perché ho avuto questo sentimento davanti a questa situazione? E quest’altro sentimento davanti a quell'altra? Perché sono rimasto rabbioso davanti a quella persona? E perché mi ha dato tanta tenerezza quell’altra? Cerco di vedere cosa succede nel cuore. Questo a me aiuta tanto, perché a volte trovo che i miei sentimenti non siano tanto buoni, trovo radici di egoismo, di invidia forse... Sì, anche io! Noi abbiamo tante cose brutte! Ma trovo radici buone, pure. Non voglio che il mio cuore sia una strada dove i sentimenti vanno e vengono senza che io cerchi di capirli... No, bisogna prendersi tempo. Quello che faccio io: mi prendo quel 'tempino', poco, meno di dieci minuti, e cerco di analizzare cosa è passato per il mio cuore e cosa significano i sentimenti che ha provocato".

Nel messaggio evangelico, ricorda Bergoglio, il male non ha mai l'ultima parola. C’è sempre una speranza. E' quella che il Papa vuole trasmettere a tutti con le parole di un anziano peccatore e pieno di acciacchi per l'età: "Una volta ho sentito dire a un uomo anziano, buon uomo, buon cristiano, ma peccatore, che aveva tanta fiducia in Dio: ‘Dio mi aiuterà; non mi lascerà da solo. Entrerò in Paradiso, zoppicando, ma entrerò".

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