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Covid e Natale, Clementi: "Serve stretta, mettiamoci il cuore in pace"

14 dicembre 2020 | 14.44
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(Fotogramma)
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La narrazione sulle scene di folla immortalate in diverse città d'Italia "è stata forse un po' drammatica, ma è ciò che non dovrebbe accadere. Il problema per noi è sempre quello di riuscire ad arrivare con il minor numero possibile di danni al traguardo della vaccinazione anti-Covid. Se c'è una ripresa dei contagi non si arriva bene. Quindi, non mi sento di negare che in questo momento qualche segnale di limitazione dovesse essere dato. Sarà un Natale diverso, mettiamoci il cuore in pace e speriamo che sia l'ultimo". E' la riflessione del virologo Massimo Clementi sugli scenari che potrebbero essere presi in considerazione dal Governo che valuta una stretta natalizia, per scongiurare una nuova fiammata dell'epidemia di Covid-19. Il dibattito è acceso sulle ipotesi più restrittive di un lockdown totale, di un'Italia zona rossa per le feste.

"E' un po' un gioco di equilibrio, tra provvedimenti restrittivi e aperture - sottolinea all'Adnkronos Salute il direttore del Laboratorio di Microbiologia e virologia dell'ospedale San Raffaele di Milano e docente dell'università Vita-Salute - Certo ci sono state alcune cose un po' contraddittorie: da un lato diciamo agli italiani 'non vi ammassate', poi però gli diamo il bonus per incentivare gli acquisti in negozi fisici. E' tutto comprensibile, anche la finalità dell'operazione" Cashbak, "ma è chiaro che viene colto in maniera diversa. Preciso però che non credo proprio che saprei fare meglio nei panni di chi decide. Sarei preso dal dubbio, se si sta liberalizzando troppo o troppo poco. Io però da virologo vedo all'orizzonte un punto fisso, che è il vaccino e quindi quello è l'obiettivo, ma prima di arrivare lì ci vuole un po'".

Quindi cautela rispetto al rischio di allentare troppo le misure. Un segnale di stretta, secondo Clementi, va dato. E guardando alla situazione attuale, l'esperto chiarisce: "Qualche miglioramento si è visto nei numeri" di Covid-19. "Osserviamo un leggero calo sia dei ricoveri sia delle terapie intensive, molte persone vengono curate a casa, c'è più disinvoltura nel trattare dal punto di vista clinico la patologia, visto anche l'alto numero di pazienti con pochi sintomi. Però tutto questo avviene molto lentamente. Il decremento è più lento di quello che mi aspettavo, sinceramente". I messaggi di apertura e chiusura continua "non aiutano, ma non è un problema che riguarda solo l'Italia. Certo è che adesso un segnale di stop alle persone va dato", conclude.

"Molti dicono che non ci libereremo" della questione coronavirus Sars-CoV-2 "prima di 1 anno o 2. E ne sono convinto anche io. Anche perché nessuno in questo momento può prevedere quale sarà l'adesione al vaccino. E comunque ci vuole tempo" per raggiungere l'immunità di gregge. "Ci auguriamo che l'adesione arrivi al 70%, sicuramente ci sarà e ci deve essere un'opera d'informazione, che va rivolta a quella fascia di persone semplicemente titubanti. Perché il no-vax non lo convinciamo dell'importanza e della sicurezza" dell'iniezione scudo, "ma il titubante sì".

Andando avanti, ragiona il virologo, "avremo poi a disposizione anche gli anticorpi monoclonali. Ora partirà anche la sperimentazione di quello italiano sviluppato a Siena. Altri due o tre farmaci di questi sono già stati approvati dalla Fda negli Usa, dove li stanno usando da diverse settimane. Vuol dire avere a disposizione farmaci potenti. Mi dicono i colleghi americani che i pazienti fanno l'infusione, poi tornano a casa e vengono avvisati di ripresentarsi in ospedale in caso di problemi: in queste settimane non è tornato nessuno. E' positivo perché significa che gli anticorpi monoclonali funzionano".

Per Clementi il quadro da augurarsi è questo: "Vaccinazione da un lato e anticorpi monoclonali usati non solo come terapie ma come strumenti di profilassi per chi non può fare" l'iniezione scudo ed è a rischio. "Questi farmaci possono completare il quadro per combattere ciò che resta dopo la vaccinazione di questa infezione". Per il vaccino "dovremo attivarci un po' tutti. Ricordo una bella foto degli anni Cinquanta: un Elvis Presley giovanissimo che si vaccina in diretta Tv contro la polio. Pare abbia avuto un successo enorme, è stato uno dei primi 'influencer' pro-vax della storia. Un'operazione così sarebbe importante".

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