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Variante Covid, Miozzo: "Sono numerose, questa non è certo la prima"

21 dicembre 2020 | 08.52
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Fotogramma /Ipa
Fotogramma /Ipa

Le varianti del coronavirus "sono numerose, questa non è certo la prima. Questa è la più preoccupante perché Boris Johnson lo ha evidenziato: bisogna vedere se c'è una connessione effettiva tra la variante inglese e quel balzo del 100% degli infettati in Inghilterra. C'è bisogno di qualche ora di tempo per capire cosa sta succedendo con più attenzione". Lo ha detto ad Agorà il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo.

"C'è un problema di sanità pubblica di cui scontiamo gli effetti di decenni di tagli, così come la scuola. E poi c'è un problema diagnostico perché in Italia rigorosamente diagnostichiamo come Covid tutti i pazienti che sono infettati dal Covid, cosa che non avviene in tutti i Paesi", ha poi continuato Miozzo, aggiungendo: "Il lockdown basta", la curva dei contagi "era in lento declino, poi abbiamo visto una sorta di impennata soprattutto in quelle regioni gialle che non avevano rispettato quelle regole rigorose. Purtroppo c'è un aspetto fondamentale in questo virus: distanza, rigore e uso mascherine, o lo fai o il virus si diffonde. Abbiamo a che fare con un nemico cinico che non ha affetti e non è capace di distinguere, tra nonno e nonna, figli, padri".

"Si deve continuare a lavorare per arrivare alla riapertura il prima possibile: il 7 gennaio - spiega l'esperto - può anche essere una data simbolica, ma è importante arrivare a trovare una soluzione a livello locale, non è possibile continuare a tergiversare sulle tematiche dello slittamento dell'entrata e dell'uscita, sul trasporto, e continuare ad avere dubbi sulla relativa sicurezza dell'ambito scolastico".

"Sono stati fatti dei miracoli in tutte le scuole del nostro Paese per introdurre i criteri di salvaguardia della salute dei ragazzi, dei docenti e del personale. Il rischio zero non esiste da nessuna parte - continua - gli studi stanno emergendo e ci dicono che la scuola è un ambito relativamente sicuro, i problemi sono esterni alla scuola:il tragitto, gli assembramenti esterni, la cosiddetta movida. Il momento scolastico di per sè è fondamentale, anche di comprensione: i nostri adolescenti dove imparano il vero problema di questa malattia? I loro docenti glielo insegnano, altrimenti l'alternativa sono i social che non sono esattamente un momento educativo".

Sulla predisposizione di tavoli coordinati dei Prefetti, dice: "Il problema rimane ancora nelle città metropolitane, ma nelle periferie e nelle province probabilmente sono già organizzati. I ragazzi dell'ultimo anno di liceo ad oggi in alcune regioni hanno fatto 14 giorni di scuola e lo trovo sconvolgente".

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