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Caso Cucchi, processo appello: pg chiede 13 anni per i due carabinieri

15 gennaio 2021 | 14.42
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"Confermare omicidio preterintenzionale, no ad attenuanti generiche" per Di Bernardo e D'Alessandro. Sollecitata assoluzione per Tedesco

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

Condannare a 13 anni per omicidio preterintenzionale, escludendo le attenuanti generiche, i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro accusati del pestaggio. E’ questa la richiesta del pg Roberto Cavallone nel processo davanti alla Corte d’Assise d’Appello per la morte di Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto sette giorni dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma.

Il procuratore generale ha poi sollecitato l’assoluzione dall’accusa di falso per Francesco Tedesco perché il fatto non costituisce reato mentre ha chiesto una condanna a 4 anni e mezzo per Roberto Mandolini.

In primo grado, il 14 novembre 2019 la prima corte d'Assise di Roma aveva condannato a dodici anni di carcere i due carabinieri accusati del pestaggio, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro riconoscendo che fu omicidio preterintenzionale, come sostenuto dal pm Giovanni Musarò. Assolto invece ''per non aver commesso il fatto'' per questa accusa Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell'arresto. Per lui era rimasta la condanna a due anni e mezzo per falso. Per la stessa accusa era stato condannato a tre anni e otto mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti comandante della stazione Appia.

"In questa storia abbiamo perso tutti", ha detto Cavallone nella requisitoria. "Nessuno ha fatto una bella figura. Stefano Cucchi - ha sottolineato il pg - quel giorno doveva andare in ospedale e non in carcere. Credo che nel nostro lavoro serva piu’ attenzione alle persone piuttosto che alle carte che abbiamo davanti. Dietro le carte c’e’ la vita delle persone"

"Quanta violenza siamo disposti a nascondere ai nostri occhi da parte dello Stato senza farci problemi di coscienza? Quanto è giustificabile l’uso della forza in certe condizioni? Noi dobbiamo essere diversi - ha proseguito Cavallone - noi siamo addestrati a resistere alle provocazioni, alle situazioni di rischio". Il pg ricordando tra gli altri il caso della morte di Federico Aldrovandi ha aggiunto che "le vittime di queste violenze sono i marginalizzati. In questa storia abbiamo perso tutti, Stefano, la sua famiglia, lo Stato".

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