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Caso Pistorius: l'atleta, non volevo uccidere Reeva, e' morta tra mie braccia

09 aprile 2014 | 15.47
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Pretoria, 9 apr. - (Adnkronos/Dpa) - Oscar Pistorius, sotto processo per avere ucciso, il 14 febbraio 2013, la sua fidanzata Reeva Steenkamp sparandole attraverso la porta del bagno di casa sua a Pretoria, ha raccontato che la notte della tragedia è rimasto accanto alla donna fino alla fine, in attesa dell'ambulanza. L'atleta paralimpico, che, se ritenuto colpevole di omicidio premeditato, potrebbe rischiare l'ergastolo, ha sempre detto di avere sparato perché convinto che dietro la porta si trovasse un intruso e non la sua fidanzata.

L'imputato ha raccontato di avere sentito dei rumori provenire dal bagno e, pensando che fosse entrato un ladro, ha aperto il fuoco. Ma, rendendosi conto che forse dentro si potesse trovare Reeva, ha rotto la porta con una mazza da cricket. "Entrato in bagno mi sono inginocchiato su Reeva. Era accasciata sul water - ha raccontato con voce tremante il velocista 27enne, contraddicendo le prove presentate dal pubblico ministero secondo cui la vittima si trovava in posizione di difesa dietro la porta - Ho verificato se stava respirando. Ma non respirava. Le ho messo le mie braccia sotto le spalle e mi sono seduto a piangere. Avevo la sua testa sulla mia spalla sinistra, potevo sentire il sangue correre su di me".

"Ad un certo punto ho sentito il suo respiro", ha continuato Pistorius, ricordando di essere poi corso a telefonare a Johan Stander, responsabile della sicurezza della tenuta dove viveva a Pretoria. "Io faticavo per tirarla su, lei faticava per respirare", ha aggiunto l'imputato che successivamente ha anche chiamato i servizi di emergenza. Il velocista ha poi spiegato di avere aperto la porta principale, di essere tornato in bagno e di avere portato la donna giù per le scale. (segue)

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