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Rispunta 'lady al-Qaeda', Isil voleva lo scambio con Foley

21 agosto 2014 | 17.26
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Aafia Siddiqui, pakistana, 42 anni, catturata in Afghanistan nel 2008, sta scontando una condanna negli Usa a 86 anni di carcere. Oltre al riscatto per la liberazione del giornalista, poi decapitato, il gruppo avrebbe proposto anche uno scambio di prigionieri

dal sito per la liberazione di Aafia
dal sito per la liberazione di Aafia

La storia di James Foley si intreccia con quella di Aafia Siddiqui, la pakistana che sconta una condanna negli Usa a 86 anni di carcere e che la stampa americana ha chiamato 'Lady al-Qaeda'. La storia di Aafia Siddiqui, in carcere in Texas, si è intrecciata in passato con molte altre 'brutte' storie e, secondo alcuni osservatori, potrebbe indicare un possibile legame tra lo 'Stato islamico dell'Iraq e del Levante' (Isil), il teatro iracheno e siriano e combattenti in precedenza attivi in Afghanistan e Pakistan.

I rapitori di Foley, si legge sul New York Times, avevano chiesto in cambio della sua liberazione un riscatto di vari milioni di dollari. "Ma gli Usa, a differenza di diversi Paesi europei che hanno fatto arrivare ai gruppi terroristici tanti milioni per risparmiare le vite dei loro cittadini, si sono rifiutati di pagare", scrive Rukmini Callimachi sul Nyt. Secondo il giornale, l'Isil - che ha minacciato di uccidere Steven Sotloff, giornalista freelance che appare nel video diffuso due giorni fa con Foley - tratterrebbe in ostaggio oltre a tre americani anche cittadini britannici. E il gruppo avrebbe proposto, oltre al pagamento di un riscatto, anche lo 'scambio di prigionieri' e la liberazione di Aafia Siddiqui.

'Lady al-Qaeda', 42 anni, è stata condannata negli Stati Uniti non per legami con al-Qaeda, ma per aver tentato -secondo l'accusa- di sparare ai militari statunitensi che la interrogavano dopo la sua cattura in Afghanistan nel luglio del 2008. La sua storia è per lo più avvolta nel mistero. Per alcuni è vittima di un complotto. Il suo nome viene associato al carcere di Bagram, all'acquisto di diamanti in Liberia subito prima degli attacchi dell'11 settembre negli Usa e a quello di Khalid Sheikh Muhammad, uomo degli attentati del 2001. Di lei parlò anche l'ex leader dei Talebani del Pakistan (Ttp), Hakimullah Mehsud, ucciso nel novembre 2013, che accusò Islamabad di averla arrestata per poi consegnarla agli Usa.

Siddiqui, madre di tre figli, è un'ex studentessa del prestigioso Massachussetts Institute of Technology (Mit) con un dottorato in scienze neurologiche. Nel 2002 è rientrata in Pakistan per poi sparire con i figli nel marzo successivo, in seguito all'arresto di Khalid Sheikh Muhammad. In seconde nozze Siddiqui ha sposato un nipote della mente delle stragi negli Usa, Ammar al-Baluchi. Nel 2004 la donna è stata inserita nella lista dell'Fbi dei più pericolosi collaboratori di al-Qaeda. Secondo i familiari della Siddiqui, la donna è stata detenuta per cinque anni -dal 2003- dalle forze Usa nel carcere di Bagram, in Afghanistan, dove avrebbe subito torture e abusi.

Negli anni scorsi alla Siddiqui è stata associata anche la storia del 'Prigioniero 650', l'unica donna rinchiusa a Bagram secondo i racconti degli ex detenuti della prigione. Lei stessa durante un'udienza ha affermato di essere stata in una "prigione segreta". L'anno scorso il gruppo che rivendicò il sequestro di centinaia di lavoratori algerini e stranieri nell'impianto di gas di In Amenas, nel sud-est algerino, aveva proposto uno scambio di ostaggi tra gli americani fatti prigionieri nel sito e Aafia Siddiqui. Per il governo pakistano quella di Aafia è una storia delicata. Più volte in passato Islamabad ha chiesto l'estradizione della donna, che -al momento dell'arresto in Afghanistan- era stata trovata in possesso di materiali chimici sospetti.

Secondo un esperto di terrorismo interpellato dal Telegraph la richiesta del suo rilascio collegata all'Isil potrebbe indicare che il gruppo, attivo tra l'Iraq e la Siria, conta su un 'contingente di Talebani'. "Una spiegazione è che dal teatro afghano-pakistano si siano trasferiti in Iraq e Siria e che la loro causa faccia parte del loro bagaglio - ha commentato Michael Semple, esperto del movimento dei seguaci del mullah Omar ed ex rappresentante Ue a Kabul - La spiegazione strategica è che è una buona causa perché lei è una donna che soffre. L'Isil tenta di mobilitare i popoli con la condanna della percepita oppressione per mano dell'Occidente ai danni dei Paesi islamici".

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