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Terrorismo: Usa provarono a salvare Kassig, Fbi acconsentì a trattativa imam Is

19 dicembre 2014 | 13.55
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Il Guardian di Londra rivela il tentativo fallito che durò tre settimane e coinvolse imam vicini ad al Qaeda e un ex detenuto di Guantanamo. Il 'bureau' disposto anche a rimborsare le spese della missione in Medio Oriente del mediatore.

Terrorismo: Usa provarono a salvare Kassig, Fbi acconsentì a trattativa imam Is

Gli Stati Uniti hanno provato a negoziare per salvare la vita dell'ostaggio americano dell'Is Abdul Rahman (Peter) Kassig rompendo così di fatto la regola non scritta secondo cui l'America non tratta per recuperare i suoi connazionali. L'Fbi era informata e ha sostenuto contatti fra due imam integralisti e un ex detenuto di Guantanamo con l'Is, rivela il Guardian secondo cui funzionari di rango al quartier generale erano tenuti informati degli sviluppi.

Il tentativo, fallito, di trattativa che ha coinvolto la leadership spirituale dell'Is è iniziato a metà ottobre su iniziativa dell'avvocato newyorkese Stanley Cohen, emerge da una serie di email citate dal quotidiano britannico secondo cui l'obiettivo dei contatti sarebbe stato anche quello di negoziare la cessazione delle uccisioni di civili. L'Fbi, confermano fonti del Bureau, aveva assicurato la sua disponibilità a rimborsare a Cohen 24mila dollari per le spese sostenute nel suo viaggio di 17 giorni in Medio Oriente per mediare.

E' stato lui, già difensore di un genero di Osama bin Laden e di esponenti di Hamas, e condannato nei mesi scorsi a 18 mesi di carcere dopo aver ammesso la sua colpevolezza per una serie di reati fiscali, a contattare due imam vicini ad al Qaeda Abu Muhammed al Maqdisi e Abu Qatada, e un ex detenuto di Guantanamo di origine kuwaitiana, chiedendo loro di intervenire con l'Is. Quest'ultimo ha risposto alla richiesta di Cohen in modo chiaro: "vogliamo salvarlo". I due imam erano disposti in cambio della vita di Kassig e dalla fine della pratica delle uccisioni degli ostaggi civili a porre fine alle denunce dell'Is come di una organizzazione estremistica, estranea alla sfera dell'Islam.

La Giordania ha fatto saltare i negoziati arrestando uno dei mediatori

Cohen era quindi partito per il Medio Oriente lo scorso 13 ottobre. Il 22 aveva definito un 'protocollo' con cui l'Fbi e le autorità giordane si impegnavano a consentire a Maqdisi di contattare il suo ex discepolo originario del Bahrain Turki al-Binali divenuto in seguito il leader spiriturale dell'Is.

"La Giordania acconsente a non richiedergli di fare le chiamate nei suoi centri di intelligence, non incriminarlo per le chiamate o interrogarlo su queste chiamate", si legge nella mail definita dall'avvocato. "Le chiamate non saranno controllate o seguite allo scopo di attacchi con droni o comunque azioni militari. Lo sceicco, se gli sarà consentito, vorrebbe anche discutere dello stop completo della presa di ostaggi fra giornalisti, cooperanti civili e musulmani e la loro uccisione". Un impegno tuttavia che la Giordania non ha rispettato: il 27 ottobre, il giorno dopo le assicurazioni dell'imam circa una soluzione positiva della vicenda, Maqsidi fu arrestato "per avere usato Internet per promuovere e incitare il jihadismo" facendo naufragare i negoziati. Il 16 novembre fu annunciata l'uccisione di Kassig.

"Un mio collega nel paese mi ha appena detto che ci sei, via libera sulla chiamata", la disposta del giorno dopo di un funzionario dell'anti terrorismo negli uffici di Washington, un modo informale (l'Fbi sottolinea che non ha mai assicurato formalmente a Maqdisi o a chiunque altro immunità) per dare il via libera agli sforzi di Binali attraverso WhatsApp. Abu Qatada ha confermato al Guardian di aver collaborato con Maqdisi per salvare Kassig e di aver scritto a un leader dell'Is sollecidandone il rilascio.

Fbi, priorià è rientro dei nostri connazionali, lavoriamo a stretto contatto con il resto del governo

"La priorità dell'Fbi nei casi di rapimenti internazionaliè il ritorno sicuro dei nostri cittadini. Dato che le circostanze sono diverse per ogni caso, l'Fbi opera a stretto contatto con il resto del governo americano per considerare tutte le strade percorribili e legali per assicurare il loro rilascio. Per mantenere aperte queste opzioni, e per rispetto delle loro persone care, raramente discutiamo di questi dettagli pubblicamente", il commento ufficiale del portavoce dell'Fbi, Paul Bresson.

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