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Nigeria: un anno fa rapimento studentesse, marcia per non dimenticare/Adnkronos

12 aprile 2015 | 16.54
LETTURA: 6 minuti

Era la notte tra il 14 ed il 15 aprile del 2014 quando miliziani del gruppo estremista islamico Boko Haram fecero irruzione di notte nel dormitorio di una scuola di Chibok, nel nordest del Paese, e rapirono 276 studentesse, 57 delle quali riuscirono a scappare. Da allora non si sa più nulla e c'è chi teme che siano state uccise

(Infophoto) - INFOPHOTO
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Una marcia per non dimenticarle. Una mobilitazione globale per riportarle a casa. Era la notte tra il 14 ed il 15 aprile del 2014 quando miliziani del gruppo estremista islamico Boko Haram fecero irruzione di notte nel dormitorio di una scuola di Chibok, nel nordest della Nigeria, e rapirono 276 studentesse.

Quella notte, gli uomini armati le costrinsero a salire su quattro camion: 57 di loro riuscirono a fuggire ma delle altre 219 ragazze, da allora, non si sa più nulla e negli ultimi giorni è circolata la notizia che potrebbero essere state uccise. A un anno dal rapimento il mondo si mobilita nuovamente e, attraverso i social network, si prepara a una serie di iniziative lanciate dagli hashtag #GWA (Global Week of Action), #365DaysOn, #ChibokGirls, #NeverToBeForgotten.

E tra queste, la marcia globale il 14. Rilanciata dall'account ufficiale Twitter @BBOG_Nigeria (BringBackOurGirls, 'Ridateci le nostre ragazze'), dal profilo Facebook 'BringBackOurGirls' e dai website 'bringbackourgirls.ng' e 'bringbackourgirls.us', la mobilitazione vede già adesioni da Los Angeles, New York, Boston, Santiago del Cile, Satellite Beach in Florida, Ginevra, Londra, Parigi, Louisville nel Kentucky e, al momento, anche in Italia, a Capalbio.

Alla campagna #BringBackOurGirls ha aderito anche Michelle Obama

Tra le altre iniziative, in Nigeria sono previsti incontri di preghiera nelle moschee e nelle chiese del Paese, letture commemorative nella capitale alla presenza del cardinale John Onaiyekan, arcivescovo cattolico di Abuja, e anche delle veglie notturne. Ma, si legge sul sito del movimento, "ovunque siate nel mondo, vi invitiamo ad unirvi a noi nel dire che le nostre innocenti #ChibokGirls sono cittadine globali e che il mondo deve garantire che non siano mai dimenticate".

Per manifestare solidarietà e fare pressione per la liberazione delle 219 studentesse, in questi dodici mesi, il mondo ha fatto la sua parte. Personaggi della politica, dello sport e dello spettacolo hanno partecipato alla campagna 'Ridateci le nostre ragazze', a cui ha aderito anche la first lady americana, Michelle Obama, che si è fatta fotografare con il cartello #BringBackOurGirls, e Papa Francesco che, lo scorso 10 maggio, su Twitter ha scritto: "Uniamoci tutti nella preghiera per l'immegiato rilascio delle liceali rapite in Nigeria".

Della campagna social mondiale hanno fatto parte, tra gli altri, il premier britannico David Cameron, Hillary Clinton, la studentessa pakistana e premio Nobel per la Pace Malala, le cantanti Leona Lewis e Alicia Keys, le attrici Emma Watson, Anne Hathaway e Queen Latifah, il calciatore della Roma Gervinho, il rapper Puff Daddy, il cantante dei Red Hot Chili Peppers, Anthony Kiedis, e l'organizzazione non governativa Emergency. Oltre a migliaia di persone comuni da tutto il pianeta.

Voci e smentite di accordi tra governo Abuja e islamisti per il rilascio

Parallelamente alla mobilitazione social, si muoveva la diplomazia in cerca di un accordo. Così, tra speranza e paura, le prime voci di intesa con Boko Haram per la liberazione delle studentesse hanno iniziato a circolare a settembre, quando rappresentanti del governo nigeriano e della Croce Rossa Internazionale hanno fatto sapere di avere avviato negoziati con il gruppo terrorista per uno scambio di prigionieri.

Si parlava di quattro incontri che si erano tenuti da metà agosto in poi tra i rappresentanti del governo di Abuja e due alti esponenti dell'organizzazione estremista. Incontri che si sarebbero svolti proprio nella capitale nigeriana.

Passò un mese e, a ottobre, il governo nigeriano annunciò un accordo sul cessate il fuoco con Boko Haram che avrebbe previsto anche la liberazione delle studentesse. Il capo di Stato maggiore delle forze armate nigeriane, Alex Badeh, precisò che l'intesa era stata raggiunta dopo un mese di negoziati mediati dal Ciad.

Nel nordest del Paese attentati e attacchi ai villaggi, centinaia di vittime

I dettagli per la liberazione delle ragazze avrebbero dovuto essere concordati in un incontro successivo fra esponenti del governo e rappresentanti del gruppo islamista previsto nella capitale del Ciad di Ndjamena.

In quei giorni, a sei mesi dal rapimento delle studentesse nel villaggio di Chibok, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Susan Rice, assicurò la "determinazione" americana "a sostenere gli sforzi della Nigeria per riportare le ragazze a casa".

Ma a fine ottobre, due settimane dopo l'annuncio della tregua, i negoziati tra autorità nigeriane e gruppo terrorista furono smentiti dagli islamisti. E in quei giorni venne diffuso in video nel quale il leader di Boko Haram, Abdullah Shekau, annunciava che le 219 ragazze si sono "convertite all'Islam e date in sposa" ai militanti. Poi, lentamente, non si è saputo più nulla mentre nel nord del Paese le violenze del gruppo terroristico sono andate avanti, tra attentati e attacchi ai villaggi che hanno provocato centinaia di vittime.

Il neopresidente Buhari impegnato nella lotta a Boko Haram

Proprio la lotta al gruppo islamista è stata una dei temi centrali della recente campagna elettorale in Nigeria che ha visto l'ex generale Muhammadu Buhari conquistare la vittoria nelle presidenziali contro il capo di Stato uscente Goodluck Jonathan che, in questi 365 giorni, ha più volte affermato l'impegno delle autorità sul caso delle ragazze sequestrate.

Pochi giorni fa, la nigeriana Amina J. Mohammed, special adviser del segretario generale delle Nazioni Unite sull'Agenda Sviluppo Post 2015, parlando con l'Adnkronos delle studentesse rapite, ha detto che il presidente uscente ha fatto ciò che era nelle sue capacità: "Credo, desidero pensare e spero che le ragazze siano ancora vive - ha aggiunto - devono tornare a casa, dobbiamo portarle a casa".

Ma oggi, a un anno dal loro rapimento, 219 studentesse ancora non sono tornate a casa. Non si sa né cosa sia successo loro, né dove siano. Nei giorni scorsi l'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha detto di aver ricevuto notizie secondo cui le ragazze potrebbe essere state uccise. Un'ipotesi tremenda contro la quale, tra paura e speranza, il mondo si mobilita ancora una volta per non abbandonarle al loro destino.

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