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Grecia: il negoziato fallito che ha portato al referendum

03 luglio 2015 | 18.43
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Ricostruzione delle giornate che hanno spinto Tsipras a decidere di indire la consultazione

Il premier greco Alexis Tsipras - (Foto Afp)
Il premier greco Alexis Tsipras - (Foto Afp)

Nelle drammatiche ore che mancano al referendum di domenica, continuano a rimbalzare sui media internazionali i giudizi di quanti considerano la scelta fatta da Alexis Tsipras azzardata e incomprensibile. Eppure, leggendo una ricostruzione fatta dal New York Times attraverso una serie di interviste con quanti erano presenti alle ultime riunioni tra i rappresentanti di Atene e i creditori internazionali, sembra che al premier greco non sia stata lasciata altra scelta che alzarsi dal tavolo dei negoziati e convocare la consultazione referendaria.

Il racconto inizia dalla mattina di venerdì scorso, quando Tsipras si riunisce al 25esimo piano di un albergo di Bruxelles con i suoi più fidati collaboratori. Un incontro riservato nel quale, per scongiurare fughe di notizie, viene chiesto ai presenti di consegnare alla porta i propri telefoni cellulari. I consiglieri del premier sono concordi nel ritenere che né la Germania, né il Fondo monetario internazionale vogliano realmente raggiungere un accordo. A loro giudizio, intendono invece spingere la Grecia verso il default e l'uscita dall'euro.

Del resto, la sera precedente, durante una riunione dei leader dell'Eurozona, Tsipras aveva chiesto personalmente alla cancelliera tedesca Angela Merkel di far entrare nell'accordo anche alcune misure per il taglio del debito greco, ritenuto insostenibile. La risposta era stata negativa. "Non stiamo andando in nessuna direzione. Più facciamo dei passi verso di loro e più loro si allontanano", avrebbe detto Tsipras, sempre più frustrato, ai presenti alla riunione nell'albergo di Bruxelles, secondo alcuni testimoni.

Per il premier greco e Varoufakis Germania e Fmi volevano il default di Atene

Dopo ore di discussioni sui possibili scenari, il premier greco prende infine la decisione di imbarcarsi su un aereo per Atene e convocare il referendum che tanto sconcerto ha provocato nelle cancellerie europee e nelle istituzioni finanziarie internazionali. Il leader di Syriza si era ormai convinto che un accordo era impossibile, a prescindere dalle concessioni che la Grecia era disposta a fare. Ovviamente, i creditori internazionali del Paese vedevano la cosa in maniera diametralmente opposta. Per loro, Tsipras era interessato solamente ad un accordo che prevedesse un taglio del debito e un impatto il più leggero possibile delle nuove misure di austerità.

La settimana, che si concludeva in maniera così drammatica, era però iniziata sotto ben altri auspici. Lunedì 22 giugno la delegazione greca a Bruxelles aveva consegnato ai creditori una proposta di otto pagine che, nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto colmare definitivamente il crescente divario che negli ultimi sei mesi si era creato tra le posizioni di Atene e quelle delle controparti. Il governo greco, per ragioni politiche, escludeva nuovi tagli alle pensioni e agli sgravi fiscali accordati alle isole (fonte primaria del turismo). Il nuovo piano prevedeva però aumenti fiscali e dei contributi previdenziali a carico delle imprese.

La risposta iniziale alla proposta sembra promettente. Parole positive al riguardo vengono espresse sia dal commissario europeo Pierre Moscovici, che dal presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. L'ottimismo dura lo spazio di poche ore e la mattina seguente è già svanito. L'Fmi, i Paesi dell'Eurozona e la Bce rispediscono al mittente il documento, con una serie di sottolineature in rosso, a rimarcare i punti di disaccordo. Dagli aumenti delle tasse, ritenuti eccessivi, alle misure sull'Iva, ai tagli di spesa considerati insufficienti, alle misure sulle pensioni. Insomma, quasi tutto.

L'insostenibilità del debito e le controproposte dei creditori internazionali

Per Tsipras e per i suoi due principali consiglieri, il ministro di Stato Nikos Pappas e quello delle Finanze Yanis Varoufakis, la reazione dei creditori internazionali è la conferma delle loro analisi più pessimiste. Invece di mostrarsi più disponibili con l'approssimarsi della scadenza della rata di 1,5 miliardi di euro da ripagare all'Fmi, la Germania e il Fondo si attestano su posizioni sempre più rigide. La controproposta, dettata dall'Fmi, prevede meno aumenti delle tasse e più Iva sugli alberghi. Quanto al taglio del debito, se ne parlerà eventualmente solo dopo l'accettazione del piano da parte di Atene.

Giovedì, Tsipras e Varoufakis si trovano d'accordo sull'impraticabilità della proposta. Se anche si presentassero ad Atene con quel documento, è il loro ragionamento, Syriza si spaccherebbe e il piano non verrebbe mai stato approvato dal Parlamento. L'unica possibilità è quindi spingere l'Europa ad accordare alla Grecia un po' di flessibilità sul debito. Ma quando Varoufakis, nel corso della giornata, solleva nuovamente e ripetutamente la questione durante la riunione dei ministri delle Finanze dell'eurozona, viene praticamente messo a tacere. "Yanis, se continui a parlare del debito è impossibile un accordo", sarebbero state le parole di Dijsselbloem, secondo fonti a conoscenza degli scambi verbali avvenuti durante l'incontro.

L'imbarazzo della Lagarde di fronte alla domanda di Varoufakis

All'interno della sala, anche gli animi degli altri presenti cominciano a scaldarsi. Wolfgang Schäuble se la prende con Moscovici per i commenti positivi con i quali aveva accolto la proposta greca. Per il ministro tedesco, perfino la controproposta avanzata dall'Fmi è troppo generosa nei confronti di Atene e c'è il rischio che venga bocciata dal Bundestag. "L'unica soluzione è il controllo dei capitali", avrebbe detto ancora Schäuble. Nel frattempo, Varoufakis continua a riproporre ai presenti la questione del debito, incurante dei richiami di Dijsselbloem.

Il ministro greco si rivolge infine a Christine Lagarde, direttore dell'Fmi, presente alla riunione. "Ho una domanda per Christine -sarebbero state le parole di Varoufakis- l'Fmi può fare in questa riunione una dichiarazione formale che la proposta che ci viene chiesto di firmare consente la sostenibilità del debito greco?". Dopo qualche attimo di esitazione, la Lagarde avrebbe risposto: "Yanis ha un argomento valido. La questione del debito deve essere affrontata...". Ma prima di poter completare il ragionamento, il direttore dell'Fmi viene interrotta da Dijsselbloem. "Yanis, si tratta di una proposta prendere o lasciare". E la Grecia decide di lasciarla lì sul tavolo.

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