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"Fatti forza, Bruxelles", l'omaggio dei cittadini in Place de la Bourse /Video

23 marzo 2016 | 09.25
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L'altare spontaneo sorto a Place de la Bourse (Afp) - AFP
L'altare spontaneo sorto a Place de la Bourse (Afp) - AFP

Colpita dal terrore come Parigi, come Madrid, come New York, come Londra, come Ankara, come Mosca, Bruxelles prova a reagire. Centinaia di cittadini si sono riuniti spontaneamente ieri sera in Beursplein, o Place de la Bourse, davanti al palazzo della Borsa, uno dei cuori della città (la Borsa Valori è nata nel XV secolo a Bruges, a 100 chilometri da qui), per esprimere il proprio dolore, rendere omaggio ai tanti che sono morti e rispondere al terrore uscendo di casa.

Mentre le autorità belghe, duramente colpite appena quattro giorni dopo la cattura di Salah Abdeslam, il "boia" di Parigi, celebrata in tv con una conferenza stampa congiunta dal premier belga Charles Michel e dal presidente francese Francois Hollande, diramano avvisi per comunicare che "sono consentiti gli spostamenti necessari per raggiungere le proprie abitazioni", i cittadini di Bruxelles, specie i giovani di cui la città è piena, non hanno alcuna voglia di chiudersi in casa.

Sui gradoni del palazzo neoclassico della Borsa, sotto l'occhio benevolo delle sculture di Auguste Rodin, ragazzi e ragazze di questa città multietnica e multiculturale bevono una birra o mangiano una pizza nel contenitore di cartone, davanti all'altare spontaneo che è sorto sul selciato davanti al palazzo, in memoria delle vittime falciate nella hall delle partenze dell'aeroporto di Zaventem e nella stazione della metropolitana di Maelbeek.

Sul marciapiede luccicano decine e decine di candele, una croce, bandiere e uno striscione: "Je suis Bruxelles" e "Ik Ben Brussel" in fiammingo, che riecheggia il motto "Je Suis Charlie" risuonato sui social dopo la strage nella redazione del settimanale satirico ad opera dei fratelli Said e Chérif Kouachi il 7 gennaio del 2015.

Il marciapiede è coperto di scritte tracciate con gessi colorati. Basta leggerne qualcuna per capire l'anima multiculturale della capitale d'Europa, che ospita li cuore delle istituzioni comunitarie (Commissione, Consiglio e Parlamento), insieme a Strasburgo, in Francia, e a Lussemburgo. In piazza non mancano gli smartphone, ma vengono usati 'alla belga', senza chiasso.

Una scritta, perfettamente bilingue come prescrivono i trattati, recita "Fuck les terroristes". E ancora: "Stay strong, BXL!" (Fatti forza, Bruxelles). E poi decine e decine di altre scritte. Citando a caso, "Terror has no religion" ("Il terrore non ha religione"), "Support from the Usa" ("Solidarietà dagli Usa"), "Chrétién + Musulman + Juif = Humanité" ("Cristiano + musulmano + ebreo = umanità"). E ancora: "La haine n'aura pas le dernier mot" ("L'odio non avrà l'ultima parola").

Un cittadino della Costa d'Avorio, altro Paese colpito dal terrorismo (di Al Qaeda, in questo caso) appena nove giorni fa a Grand Bassam, località balneare frequentata da espatriati, scrive: "Je Suis BXL. Cote d'Ivoire". La Polizia belga sorveglia, mitra alla mano. Le telecamere dei network belgi e internazionali, accorse in gran numero in Beursplein, intervistano i passanti. Un ragazzo si arrampica in cima al contrafforte dello scalone, sventola una bandiera belga e una palestinese.

Ma il lavoro dei terroristi, per quanto sporco e "spregevole", come ha detto il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz, sparge semi maligni, che possono dare frutti e dividere, anche in una metropoli come Bruxelles, dove i ragazzi non ci hanno pensato due volte a disobbedire alle autorità e a radunarsi in piazza. Un uomo sulla quarantina, rosso in volto, si lamenta ad alta voce parlando con un amico, sul lato di Beursplein. Mantenendosi a distanza di sicurezza dall'altare spontaneo che è sorto sul marciapiede, dice: "Questa gente che arriva da fuori, senza controlli, nel mio Paese. Questo è il problema....".

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