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Nigeria: reinserire le ex rapite di Boko Haram, la sfida di una ong

14 aprile 2016 | 18.16
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Nigeria: reinserire le ex rapite di Boko Haram, la sfida di una ong

La liberazione dai terroristi di Boko Haram non è la fine del calvario per le giovani donne rapite dal gruppo islamista in Nigeria, almeno 2mila negli ultimi due anni. Spesso vengono rifiutate dalle loro comunità, specie se tornano incinte o con un bambino. Questi piccoli vengono chiamati sprezzantemente "iene fra i cani" e tenuti a distanza dagli altri. A raccontarlo all'Adnkronos, nel secondo anniversario del rapimento di oltre 200 studentesse a Chibok, è Marco Simonetti di "International Alert", una Ong impegnata nel reinserimento di queste giovani donne.

"Nei campi di sfollati dove lavoriamo, queste ragazze vengono chiamate 'le mogli di Boko Haram', le altre donne non vogliono lavare i panni assieme a loro, la gente teme che siano state radicalizzate, che diventino violente", racconta Simonetti, ricordando i casi di giovani donne trasformate da Boko Haram in kamikaze.

Ma c'è anche lo stigma legato agli stupri subiti. "Alcuni mariti - spiega - specie se il matrimonio era recente, non vogliono riprendersi le mogli". Spesso sono anche "le suocere a spingere il figlio a ripudiare la nuore, o le altre mogli nel caso di famiglie islamiche". Anche per i genitori può essere difficile riaccettare le figlie, che "in questo contesto tradizionale sono considerate donne ormai rovinate", sospettate di essere diventate complici di terroristi che magari hanno ucciso altri membri della famiglia. E lo stigma è ancora più grave quando ci sono bambini frutto dello stupro dei terroristi. "Questi bambini sono rifiutati da tutta la comunità - dice Simonetti - li chiamano 'iene fra i cani', dicono che hanno sangue cattivo come il padre terrorista, la gente ha paura che attacchino i loro figli come fanno le iene quando incontrano i cani".

L'unico modo per affrontare questo dramma è cercare la strada della riconciliazione delle ragazze con le loro comunità. International Alert ha organizzato dei gruppi in cui queste giovani donne raccontano le loro storie, assistite da operatori appositamente formati provenienti da associazioni di volontari locali.

Ma ci sono anche, racconta Simonetti, "sessioni di dialogo con le comunità locali, sacerdoti cristiani e imam musulmani, capi tradizionali, perchè siano loro a diffondere un messaggio di riconciliazione e accettazione. Abbiano sviluppato un manuale sui metodi di riconciliazione compatibili con il Corano e le tradizioni locali, promuoviamo dibattiti sulle radio locali, stiamo cercando di guidare il discorso a livello locale verso l'accettazione".

Grazie a International Alert, sono 160 le donne e le ragazze vittime dei rapimenti di Boko Haram che hanno avuto la possibilità di raccontare la propria storia in uno spazio protetto, in quattro campi di sfollati a Maiduguri, capitale dello stato nord orientale nigeriano di Borno. Negli stessi campi, più di 200 persone hanno partecipato a sessioni di dialogo, sulla gestione del trauma e la riduzione dello stigma. Un altro lavoro di sensibilizzazione è stato realizzato con alunni e insegnanti di 24 scuole coraniche di Maiduguri.

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