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La denuncia di Amnesty: "Morte Regeni solo punta iceberg delle sparizioni forzate"

13 luglio 2016 | 10.17
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"I segni di tortura sul corpo" di Giulio Regeni presentano "similitudini" con "quelli sugli egiziani morti in custodia dello stato. Ciò lascia supporre che la sua morte sia stata solo la punta dell'iceberg e che possa far parte di una più ampia serie di sparizioni forzate ad opera dell'Nsa e di altri servizi d'intelligence in tutto il paese". E' quanto denuncia Amnesty International nel suo Rapporto dal titolo "Egitto: 'Tu ufficialmente non esisti'. Sparizioni forzate e torture in nome del contrasto al terrorismo", diffuso oggi dall'organizzazione che si batte per i diritti umani.

"La sparizione forzata dello studente italiano Giulio Regeni, trovato morto al Cairo nel febbraio 2016 con segni di tortura - si legge - ha attratto l'attenzione dei mezzi d'informazione di ogni parte del mondo. Le autorità egiziane si ostinano a negare qualsiasi coinvolgimento nella sparizione e nell'uccisione di Giulio Regeni, ma - denuncia Amnesty International - ci sono similitudini tra i segni di tortura sul suo corpo e quelli sugli egiziani morti in custodia dello stato".

Casi simili a quelli di Regeni non sono affatto isolati. Diverse centinaia di egiziani scompaiono per periodi di tempo variabili e vengono torturati dall'Agenzia Nazionale di Sicurezza (Nsa) nell'ambito delle operazioni di repressione. Fra le vittime della repressione vi sono anche due 14enni. La madre di uno dei ragazzini, Mazen Mohamed Abdallah, ha raccontato ad Amnesty che il figlio, scomparso lo scorso 30 settembre, è stato torturato con scariche elettriche e sodomizzato con un bastone dopo essere stato accusato di far parte della Fratellanza Musulmana. Rilasciato il 31 gennaio, è ora in attesa di processo.

"Le sparizioni forzate non solo aumentano il rischio di tortura e collocano i detenuti al di fuori della protezione della legge - prosegue Amnesty - ma hanno anche un impatto devastante sulle famiglie degli scomparsi, che sono lasciate sole a interrogarsi sul destino dei loro cari".

Secondo il rapporto dell'organizzazione per i diritti umani, a partire dall'inizio del 2015 "almeno diverse centinaia" di egiziani sono scomparsi per un minimo di 48 ore, e in alcuni casi per mesi, prima che si sapesse che erano stati arrestati. Gruppi locali per i diritti umani, si legge, riferiscono che "ogni giorno una media di tre o quattro persone è soggetto a sparizione forzata sin dall'inizio del 2015". La sparizione delle persone "permette all'Nsa di torturare i detenuti impunemente" ed è usata "come deterrente per il dissenso".

Gran parte delle vittime, riferisce il rapporto, sono sostenitori del deposto presidente islamista Mohammed Morsi, ma vi sono anche attivisti laici e persone apparentemente arrestate solo per i loro legami familiari. Secondo Amnesty è impossibile fornire numeri precisi perché le autorità mantengono la segretezza e i parenti delle vittime temono che le denunce possano ulteriormente mettere in pericolo i loro familiari.

Il rapporto accusa di complicità le procure egiziane, che non indagano sugli abusi e basano le loro accuse su confessioni estorte con la tortura. Mentre i governi europei e gli Stati Uniti, si legge, "forniscono ciecamente equipaggiamento di sicurezza e per la polizia all'Egitto" e "appaiono apertamente riluttanti a criticare il deterioramento delle condizioni dei diritti umani in Egitto".

Intanto, dal Cairo è arrivato un secco 'no comment' al rapporto di Amnesty International. Il portavoce della diplomazia egiziana, Ahmad Abu Zayd, ha fatto sapere in una nota che "l'Egitto ha già dichiarato più volte di rifiutare i rapporti di questa organizzazione non neutrale, che si muove in base a posizioni politiche e che ha un suo interesse specifico nel deformare l'immagine dell'Egitto. Di conseguenza - ha precisato - la questione non necessita di ulteriori commenti".

Accuse pesantissime, che per il portavoce degli Esteri egiziano si basano su presupposti parziali. "Qualsiasi lettore obiettivo che legga i rapporti di Amnesty International sull'Egitto scoprirà sin dal primo momento come essi si basino su fonti che esprimono l'opinione di una sola parte e su persone ed enti che nutrono ostilità verso lo Stato egiziano, mentre ignorano che la magistratura si sta occupando dei casi citati in conformità con le leggi e i chiari principi sanciti dal diritto e dalla costituzione egiziani", ha affermato Abu Zayd.

Anche il ministero dell'Interno del Cairo, responsabile per l'Nsa, ha finora negato che vi siano persone detenute illegalmente. Tuttavia, in gennaio, in risposta alle denunce delle famiglie presso il Consiglio Nazionale per i Diritti umani, ente nominato dal governo, il ministero ha ammesso la detenzione di 100 persone di cui era stata denunciata la scomparsa, affermando tuttavia che si trattava di detenzione legale.

GENTILONI - Il fatto di non aver mai messo in discussione la cooperazione tra l'Italia e l'Egitto, "non significa che siamo meno esigenti nella richiesta di collaborazione e verità" su quanto accaduto a Giulio Regeni. Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni intervendo al question time alla Camera, spiegando che si tratta di "un fatto di dignità nazionale".

"L'Italia - ha spiegato il titolare della Farnesina - è assolutamente convinta del ruolo chiave dell'Egitto sia per la stabilità della Regione che per il contrasto al terrorismo. Non abbiamo mai messo in discussione l'importanza della cooperazione sul terreno diplomatico e sul tema dell'immigrazione".

Tuttavia, ha aggiunto Gentiloni, esigere collaborazione e verità su "un fatto che ha colpito in modo drammatico un nostro connazionale non lo dobbiamo solo alla famiglia ma lo dobbiamo a tutti noi. E' un fatto di dignità nazionale". E secondo il capo della diplomazia italiana è proprio questa l'"intenzione", alla base della decisione parlamentare sul blocco della fornitura dei pezzi di ricambio degli F-16 all'Egitto.

Quanto alla lotta al terrorismo, Gentiloni ha specificato che "quando noi sollecitiamo i diversi Paesi, molti dei quali impegnati contro il terrorismo, sul terreno dei diritti umani lo facciamo con rispetto nei confronti dei governi e non con un'intenzione destabilizzante". "Anzi - ha concluso ministro degli Esteri - un atteggiamento più avanzato sui diritti umani consentirebbe a molti paesi una maggiore stabilità".

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