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Aids, il falso mito del 'paziente zero': la scienza assolve primo malato Usa

26 ottobre 2016 | 20.08
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(Fotogramma)
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Per anni è stato additato come 'epicentro umano' della crisi epidemica di Aids che sconvolse gli Usa negli anni '80. Un untore moderno, il 'paziente zero', primo nella storia a essere etichettato così. Ma la stessa scienza che con la complicità dei media in passato ha acceso i riflettori su Gaétan Dugas, assistente di volo omosessuale di origini franco-canadesi, oggi lo riabilita definitivamente. Si è trattato di un errore, conferma un nuovo studio pubblicato su 'Nature', "della costruzione accidentale del mito del paziente zero". Un mito traballante già in origine e che ora viene completamente affossato.

Insomma, si fa presto a dire 'zero', ma Dugas - concludono gli autori - era semplicemente uno fra migliaia. Una delle tante persone infettate negli anni prima che l'Hiv venisse identificato. Eppure i media arrivarono ad accusarlo di aver diffuso il virus per il Nord America. A mettere la parola fine sulla saga sono il lavoro di ricostruzione dei fatti portato avanti da uno storico dell'università di Cambridge, e i test genetici condotti da esperti Usa su campioni di sangue vecchi di decenni. Il lavoro di Richard McKay (Dipartimento di storia e filosofia della scienza dell'ateneo di Cambridge) rivela come il termine stesso 'paziente zero' - ancora oggi usato per descrivere il primo caso noto, come testimoniano i report su tante altre epidemie, da Ebola all'influenza suina - sia stato coniato "inavvertitamente" nei primissimi anni di ricerca sull'Aids.

Prima di morire, ripercorrono gli esperti, Dugas ha fornito agli scienziati una notevole quantità di informazioni personali per dare una mano alla ricerca impegnata a stabilire se l'Aids fosse causata da un agente a trasmissione sessuale. Tutto questo - unito alla confusione che è stata fatta tra una lettera e un numero - ha "contribuito all'invenzione del paziente zero e alla diffamazione globale di Dugas".

L'attività di McKay ha aggiunto informazioni di contesto all'ultimo studio sul caso condotto da Michael Worobey dell'University of Arizona (e ora pubblicato su Nature), che ha messo a confronto una nuova analisi del sangue di Dugas con altri 8 campioni di siero archiviati e datati fine anni '70. "Gaétan Dugas è uno dei pazienti più demonizzati della storia - sottolinea McKay - uno di una lunga serie di individui e gruppi diffamati, nella convinzione che in qualche modo alimentassero epidemie con cattive intenzioni".

Nello studio su Nature, McKay localizza le radici immediate del termine paziente zero nei primi 'cluster study' su pazienti Usa con Aids. All'inizio del 1982 emersero dei report sui legami sessuali storici tra diversi uomini omosessuali con Aids a Los Angeles. I ricercatori dei Centers for Disease Control (Cdc) intrapresero uno studio intervistandoli sui nomi dei loro contatti e scoprendo più collegamenti in tutto il sud della California. Ma un contatto veniva nominato più volte pur non risiedendo nello Stato: era il Caso 057, un dipendente di una compagnia aerea. Gaétan Dugas. Gli scienziati scoprirono che i suoi partner sessuali includevano uomini di New York City, e alcuni avevano sviluppato i sintomi dell'Aids dopo di lui.

Per identificare i pazienti dello studio, gli esperti numerarono i casi di ogni città legati al cluster secondo la sequenza con cui i loro sintomi erano apparsi (LA 1, LA 2, NY 1, NY 2, e così via). Tuttavia, all'interno dei Cdc, il Caso 057 divenne noto come 'Out(side)-of-California', un nuovo soprannome abbreviato con la lettera 'O'. E poiché gli altri casi erano stati numerati, è qui che ebbe origine la coniatura accidentale del nuovo termine 'paziente zero'. "Alcuni ricercatori, discutendo della ricerca in questione, cominciarono a interpretare l'ovale ambiguo come una cifra, riferendosi al paziente O come al paziente 0", dice McKay. "Zero è una parola che può significare nulla. Ma può anche significare l'inizio assoluto".

Lo studio LA venne poi ampliato, grazie anche alle informazioni fornite da Case 057. Oltre il 65% degli uomini del cluster segnalarono di aver avuto nella vita più di 1.000 partner, oltre il 75% più di 50 nel corso dell'ultimo anno. Ma la maggior parte riuscì a fornire solo una manciata di nomi di quei partner. Case 057 non solo donò il plasma per le analisi, ma riferì anche 72 nomi dei circa 750 partner che aveva avuto nei precedenti tre anni.

"Questo contributo, unito alla facilità con cui il suo nome rimaneva impresso nella memoria, ha probabilmente contribuito alla centralità che gli è stata attribuita in questa rete sessuale". Lo studio venne pubblicato nel 1984, lo stesso anno in cui Dugas morì. ll cluster mostrò decine di casi che collegavano diverse città del Nord America. Case 057, il paziente 'Out-of-California', era un caso galleggiante che collegava entrambe le coste: l'itinerante Dugas, viaggiatore per lavoro. Successivamente lo studio finì nelle mani di un giornalista, Randy Shilts, che stava scrivendo un libro sulla crisi dell'Aids e rimase affascinato dal 'paziente 0'.

Volle saperne di più e, dopo aver appreso il suo nome nel 1986, rintracciò i suoi amici e colleghi per intervistarli, e lo consegnò ai posteri come uno dei 'cattivi' più memorabili del suo libro uscito nel 1987. Le conseguenze di questa fama negativa furono di lunga data. McKay descrive la stessa formula paziente zero come "contagiosa". Prima infatti "non c'era interesse verso l'identificazione dei primi casi di epidemie". Ora, a quasi 30 anni dal libro di Shilts, l'analisi del genoma del virus Hiv-1 tratto da un campione di sangue di Dugas del 1983 ha dimostrato che non era nemmeno un caso base per i ceppi di Hiv. Alla condanna di Dugas si è arrivati lungo un sentiero di errori e clamore. "Speriamo che dopo questa ricerca scienziati, giornalisti e pubblico ci pensino due volte prima di usare il termine paziente zero".

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