Un crocifisso crivellato di colpi e mutilato, simbolo della tragedia di Aleppo, "e tuttavia restato sulla croce cinque anni, solidale con le nostre sofferenze e il nostro isolamento. È là, sfigurato come la nostra città, e ci mostra il dolore di Dio di fronte alla brutalità degli uomini.”. Sono parole dei Padri Gesuiti della Comunità di san Vartan di Aleppo (Siria), raccolte da Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Sabato scorso, nel pomeriggio, quattro granate da obici hanno colpito la loro residenza. La messa quotidiana prevista per quell’ora – hanno affermato i religiosi - era stata provvidenzialmente celebrata in un altro luogo di culto, e solo per questo è stata evitata una strage. I danni all’edificio sono stati tuttavia consistenti.
I Gesuiti tuttavia non perdono la speranza: “Di fronte ad una catastrofe la gente pensa che Dio non avrebbe dovuto permetterla. Ma noi che conviviamo con la morte, evitabile se si lasciasse la città, vediamo che Dio c’è sempre. La sua Provvidenza allevia il male, nella misura permessa dalla libertà dell’uomo”.
A due ore di auto da Aleppo ci sono i villaggi di Michrefeh, Rable e Ain Hlaquim, appartenenti alla diocesi di Laodicea. Ad un’altitudine di 700 metri vivono alcune migliaia di famiglie. Per assicurare a 600 di queste il riscaldamento, Aiuto alla Chiesa che Soffre - Italia sta raccogliendo fondi con un’apposita campagna natalizia. E sempre a Laodicea la Fondazione sta finanziando un altro progetto per garantire latte e pannolini a 650 bambini, d’intesa con Mons. Antoine Chbeir, vescovo maronita del nord della Siria.
