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Trump telefona a Pechino: "C'è una sola Cina"

10 febbraio 2017 | 07.15
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Donald Trump (Afp) - AFP
Donald Trump (Afp) - AFP

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha telefonato al presidente cinese Xi Jinping e, "su sua richiesta", come riferito in una nota della Casa Bianca, ha concordato "di onorare la politica di 'una sola Cina'". Dopo settimane di tensione sull'asse Washington-Pechino, seguite alle dichiarazioni di Trump che sembravano mettere in dubbio quel principio ed al colloquio telefonico avuto con la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, sembra dunque aprirsi un nuovo capitolo.

Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, Trump e Xi hanno avuto "una lunga conversazione telefonica", durante la quale i due leader "hanno discusso molti temi". La conversazione "è stata estremamente cordiale ed entrambi hanno esteso i migliori auguri ai popoli dei due Paesi". I presidenti di Cina e Stati Uniti si sono scambiati anche inviti a visitare i rispettivi Paesi, con l'impegno a continuare i loro colloqui.

Ieri, la Casa Bianca aveva dato notizia di una lettera inviata da Trump a Xi, nella quale il presidente americano auspicava una "collaborazione costruttiva" tra Washington e Pechino e ringraziava il presidente cinese per la nota di congratulazioni ricevuta in occasione del suo insediamento, augurando al popolo cinese una "felice Festa delle Lanterne e un prospero Anno del Gallo".

Le tensioni tra Stati Uniti e Cina avevano raggiunto nelle settimane scorse livelli altissimi, dopo le accuse di Trump a Pechino sulla sua politica commerciale e le affermazioni secondo le quali non riconoscerà la politica di 'una sola Cina' finché non vedrà progressi sul fronte dei cambi e delle politiche commerciali. Ad accendere la miccia era stata la telefonata fatta dalla presidente di Taiwan a Trump per congratularsi per la sua vittoria alle elezioni: negli ultimi 40 anni mai nessun presidente americano aveva avuto contatti formali con i leader dell'isola che Pechino considera una 'provincia ribelle' e con cui Washington non ha rapporti diplomatici.

Novità anche sul fronte del 'Muslim ban'. La Corte d'appello federale di San Francisco ha respinto all'unanimità la richiesta del governo di reintrodurre il decreto, sospeso il 29 gennaio scorso. Ma Trump non si arrende e preannuncia che la battaglia legala va avanti. "Ci vediamo in tribunale, la sicurezza della nostra nazione è in gioco", ha scritto su twitter il presidente degli Stati Uniti, che poi, parlando con i giornalisti, ha aggiunto: "E' una decisione sulla quale vinceremo facilmente, secondo me".

Nella sentenza lunga 29 pagine, i tre giudici hanno respinto all'unanimità la tesi del dipartimento della Giustizia secondo cui il presidente è l'unico a poter decidere la politica sull'immigrazione. La Corte del Nono circuito ha poi sottolineato come "non ci siano prove che stranieri provenienti da uno dei Paesi citati nell'ordine" (Sudan, Siria, Iran, Iraq, Yemen, Libia e Somalia) abbiano commesso atti di terrorismo negli Stati Uniti.

"Da una parte - scrivono ancora - la popolazione ha un forte interesse nella sicurezza nazionale e nella capacità di un presidente eletto di attuare le sue politiche. Dall'altra, c'è anche un interesse alla libertà di viaggiare, evitando separazioni di famiglie, ed alla libertà dalle discriminazioni". Il dipartimento di Giustizia si è per il momento limitato a far sapere che "sta valutando la decisione" presa dalla Corte di San Francisco "e considerando le opzioni".

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