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Delusi e disoccupati, l'identikit dei foreign fighters

04 agosto 2017 | 09.32
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(Afp)
(Afp)

Provengono per lo più da contesti svantaggiati i foreign fighters che hanno deciso di recarsi in Siria per combattere tra le fila del sedicente Stato Islamico (Is). E' quanto emerge da uno studio condotto dal Centro Anti terrorismo delle Nazioni Unite su 42 uomini e una donna che hanno lasciato il loro Paese per recarsi a combattere in Siria e che rivela come si tratti di persone prive di un buon livello di istruzione e di lavori decenti. Il ritratto tipico del "terrorista foreign fighter" è giovane, maschio e ritiene che ''la sua vita non abbia senso''. Tuttavia è difficile generalizzare i motivi che hanno spinto queste persone a recarsi in Siria a combattere, ammettono gli autori dello studio, il professor Hamed el-Said della Manchester Metropolitan University e l'esperto britannico di terrorismo Richard Barrett.

I due esperti parlano di "un mix di fattori", sottolineando come "spesso i social networks svolgono un ruolo chiave" e "ugualmente importante è il ruolo e l'identità dei reclutatori, che non necessariamente sono membri di gruppi armati'', ma è più probabile che siano simpatizzanti. Circa il 40 per cento del campione afferma di aver deciso di andare in Siria considerandolo ''un obbligo per difendere con la forza i sunniti dal governo siriano e dai suoi alleati - si legge nel rapporto - Questo conferma perché molti giovani musulmani, indipendentemente dal luogo di provenienza, percepisca il conflitto in Siria più come una questione di comunità che in termini religiosi''.

Barrett ed el-Said sottolineano quindi che la percezione del dovere di difendere la propria comunità durante una guerra ''è un elemento importante per comprendere quello che può motivare una persona a diventare un foreign fighter''. Altri elementi raccolti confermano che tra i fattori motivazionali ''non c'è l'ideologia'', sottolineando come ''pochi tra loro credono nell'idea di uno Stato Islamico o nella creazione di un califfato nel Levante''.

Secondo le stime rilasciate dalle Nazioni Unite a marzo 2015, erano più di 25mila i foreign fighters in Siria provenienti da oltre 100 Paesi. Gli autori del rapporto Onu hanno quindi sottolineato che solo sette Paesi membri hanno deciso di collaborare allo studio, tre dell'Unione Europea e quattro dell'area Medioriente e Nord Africa. Gli intervistati hanno quindi ''sostenuto di non essere andati in Siria con l'intenzione di diventare un terrorista, né sono tornati in patria con quell'obiettivo''. Gli autori hanno quindi sottolineato il ''potere dell'influenza'' delle famiglie sui foreign fighters che hanno deciso di lasciare la Siria, così come i sentimenti di ''delusione'' e ''disillusione''.

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