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Strappo Catalogna, che succede ora?

28 ottobre 2017 | 09.47
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(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

di Federica Mochi

Puigdemont destituito, il capo dei Mossos, Trapero, che segue lo stesso destino, così come il vicepresidente Junqueras e tutta la Generalitat. Con la proclamazione di indipendenza della Catalogna, annunciata ieri dal Parlament catalano, la Spagna si è spaccata a metà. Da un lato Barcellona, che naviga tra le acque agitate dell'ormai celebre articolo 155. Dall'altro Madrid, con il premier Mariano Rajoy che dopo aver destituito il governo catalano, ha sciolto il parlamento autonomo e convocato nuove elezioni per il 21 dicembre. "Elezioni libere, pulite e legali per restaurare la democrazia" ha detto Rajoy. Ma cosa accadrà ora? Quali saranno le mosse di Madrid? Che ne sarà dei Mossos? L'Unione Europea interverrà?

CHE FARA' MADRID - Madrid non ha perso tempo. Dopo lo strappo di Barcellona, il Senato ha dato il via libera all'applicazione dell'articolo 155 in Catalogna. Al termine di un consiglio dei ministri straordinario, Rajoy ha annunciato la destituzione del presidente della Generalitat catalana e del suo governo, oltre allo scioglimento del Parlamento autonomo di Barcellona e la convocazione di elezioni anticipate. Rajoy ha fatto sapere che presenterà un ricorso alla Corte Costituzionale contro la dichiarazione di indipendenza. Inoltre, è stata decisa la chiusura di tutte le rappresentanze della Catalogna all'estero, tra cui quella che si trova a Roma.

COSA ACCADRA' A PUIGDEMONT - Nonostante Puigdemont abbia dichiarato l'indipendenza e proclamato la Repubblica, il voto del parlamento catalano non ha alcuna legalità. La dichiarazione d'indipendenza, approvata con voto segreto, annuncia la costituzione della "repubblica catalana come stato indipendente e sovrano" e invita il governo di Barcellona a "emettere tutte le risoluzioni necessarie per l'implementazione della legge di transizione giuridica e fondamento della Repubblica".

Fra le misure, figurano provvedimenti per istituire la nazionalità catalana, la promozione del riconoscimento internazionale, la creazione di una Banca della Catalogna, l'integrazione dei funzionari spagnoli nella nuova amministrazione indipendente, provvedimenti per l'esercizio dell'autorità fiscale, la messa a punto di una lista dei beni dello stato spagnolo presenti in Catalogna per una effettiva successione nella proprietà. Sono previsti anche un negoziato con Madrid e la firma di trattati internazionali. Peccato però che Rajoy non sembra intenzionato a trattate ulteriormente.

PUIGDEMONT RISCHIA IL CARCERE? - Il President Puigdemont è stato destituito ma su di lui è tornata a proiettarsi l'ombra del carcere. La Procura di Madrid potrebbe chiedere per lui e per alcuni membri di governo e parlamento la detenzione per i reati di ribellione e sedizione, che prevedono una pena massima di 25-30 anni. Rajoy, nel frattempo, ha assunto le funzioni del capo del governo catalano e la cessazione di Puigdemont dalle sue funzioni è diventata effettiva con la pubblicazione del decreto di attuazione dell'articolo 155 della Costituzione sulla Gazzetta Ufficiale.

CHE FINE FARANNO I MOSSOS? - La polizia catalana, i Moss d'Esquadra, passa ora sotto il controllo diretto di Madrid. Ieri il governo centrale ha destituito il direttore generale dei Mossos, Pere Soler e stamattina la Gazzetta Ufficiale di Stato ha pubblicato l'accordo del Senato che autorizza la rimozione del capo dei Mossos d'Esquadra, Josep Lluís Trapero, già indagato per sedizione. E non è escluso che qualche agente si ribelli.

IL RISCHIO PARALISI - Scioperi, manifestazioni e disobbedienza alle forze dell'ordine. Il rischio paralisi in tutta la Catalogna si fa concreto di ora in ora. Uno scenario che, nella peggiore delle ipotesi, prevede il ritorno del muro contro muro tra la polizia del governo centrale e i manifestanti più intransigenti. In un clima arroventato, non sono da escludere scontri tra indipendentisti e unionisti.

L'UE INTERVERRA'? - Stando a quanto riportano alcuni media internazionali, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha fatto sottolineato che l'Unione Europea "non ha bisogno di nuove crepe". Anche il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk si è allineato con Juncker. In un tweet pubblicato qualche ora fa, ha annunciato che "per l'Unione Europea non cambia nulla. La Spagna rimane l'unico interlocutore". Tusk ha poi rivolto un appello a Madrid: "Spero che il governo spagnolo favorisca la forza del dialogo - ha scritto - e non il dialogo di forza".

E L'ITALIA? - Sulla stessa lunghezza d'onda di Tusk e Juncker, anche il ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, secondo il quale "l'Italia non riconosce e non riconoscerà la dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamata dal Parlamento regionale della Catalogna". Per Alfano, "si tratta di un gesto gravissimo e fuori dalla cornice della legge".

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