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"Esplosione a bordo del sottomarino scomparso"

23 novembre 2017 | 07.20
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(Foto dal sito 'Armada Argentina')
(Foto dal sito 'Armada Argentina')

L'"anomalia idroacustica" registrata nella zona dove si trovava il sottomarino scomparso il 15 novembre scorso è compatibile con un'esplosione. Lo ha confermato il portavoce della Marina argentina, Enrique Balbi, secondo cui a bordo dell'ARA San Juan è stato rilevato "un evento anomalo, singolare, corto, violento e non nucleare, coerente con un'esplosione".

L'informazione è stata trasmessa dall'ambasciatore argentino in Austria, Rafael Grossi, membro dell'Organizzazione di controllo dei test, che "conta una rete di stazioni sismiche idroacustiche per verificare che non si realizzino test nucleari", ha precisato Balbi. Questa informazione, ha spiegato, coincide con il dato fornito ieri dall'agenzia internazionale Ismerlo, specializzata in operazioni di ricerca di sottomarini, secondo cui un "rumore" era stato rilevato ad una trentina di miglia dal luogo in cui era stato localizzato per l'ultima volta l'Ara San Juan.

La Marina, ha detto ancora Balbi, "non ha alcuna informazione sulle cause che hanno provocato in quel luogo, in quella data, un evento di queste caratteristiche".

Dopo l'ultima comunicazione tra la Marina militare argentina e il sottomarino, è stata percepita un'"anomalia idro-acustica" in un'area che coincide con la rotta che avrebbe dovuto seguire il sommergibile. Come spiegato dal portavoce della Marina argentina, si tratta di uno strano rumore avvertito una settimana fa, il 15 novembre, attorno alle 11 del mattino, in una zona poco istante dal punto nel quale si trovava il sottomarino e circa tre ore dopo l'ultima comunicazione con il comandante del San Juan.

"In assenza di informazioni sul destino - ha spiegato Balbi - la Marina militare argentina aveva chiesto la collaborazione degli Stati Uniti per ottenere tutte le informazioni disponibili da diverse agenzie che monitorano e registrano eventi idro-acustici nel mondo".

Le informazioni sono state inviate alla Marina argentina solo ieri "dopo essere state sottoposte ad approfondite analisi". In un primo momento, rispondendo alle domande dei giornalisti sulla possibilità che il rumore potesse corrispondere a un'esplosione, Balbi aveva detto: "Non posso formulare una congettura del genere".

Poi è arrivata la conferma: quel rumore è compatibile e "coerente con un'esplosione". Il portavoce della Marina ha precisato che tre navi argentine sono state inviate nell'area dove si stanno utilizzando diversi sonar, servendosi anche di un aereo antisommergibili brasiliano in grado di rilevare eventuali anomalie magnetiche.

E proprio sui tempi di trasmissione delle informazioni divampano le polemiche. Spicca, in particolare, il ritardo nell'avvertire il presidente argentino Mauricio Macri. Secondo il sito web Infobae, il ministro della Difesa, Oscar Aguad, ha saputo dai giornali che il sommergibile era disperso. La Marina si è giustificata dichiarando che il protocollo impone di aspettare 48 ore prima di iniziare le ricerche di un sottomarino. Ma questa scusa non basta certo a consolare i familiari. "Il protocollo non mi restituirà mio fratello", ha detto piangendo in televisione Helena Alfaro, sorella dell'ufficiale Cristian Ibanez. Il presidente Macri viene descritto dai media come molto arrabbiato con la Marina. Lunedì si è recato presso i parenti dell'equipaggio, in attesa nella base di Mar de la Plata. "E' stato un suicidio mandarli su un mezzo così vecchio", ha detto riferendosi al sottomarino costruito 34 anni fa. "Non si può investire per comprare un nuovo sottomarino?", gli ha detto una donna, ripresa in un video ormai diventato virale.

Ulteriore aiuto alle ricerche, entrate in una "fase critica", è stato fornito dal presidente russo Vladimir Putin che ha proposto a Macri l'invio immediato di una nave oceanografica. La nave russa è dotata di strumenti di alta tecnologia che potrebbero risultare utili nella ricerca.

Nell'agosto del 2000, Mosca ha subito la perdita del sottomarino nucleare Kursk inabissato a causa di due esplosioni: morirono tutti e 118 le persone a bordo, 23 delle quali per asfissia. Con la Russia sono così 13 i Paesi impegnati nella ricerca del San Juan: oltre all'Argentina hanno unito le forze Germania, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti, Francia, Norvegia, Perù, Gran Bretagna e Uruguay.

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