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Migranti, il piano dell'Ue

20 luglio 2018 | 06.47
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La Commissione Europea "sta lavorando ad un meccanismo temporaneo che possa essere messo in piedi rapidamente, per coordinare gli sbarchi delle barche in arrivo nel corso dell'estate" nel Mediterraneo, "prima che un sistema vero e proprio possa essere stabilito nel contesto delle riforme del sistema comune europeo di asilo". Lo ha spiegato ieri una portavoce della Commissione, a Bruxelles.

Come spiegato mercoledì dal commissario europeo alle Migrazioni Dimitris Avramopoulos, la via della creazione dei centri controllati per lo sbarco dei migranti, o piattaforme di sbarco come sono state definite nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 28 giugno, per il momento appare ardua da percorrere, dato che, a parte le "molte chiacchiere", finora "non conosco alcun Paese, su entrambe le sponde del Mediterraneo, disposto ad ospitare questi centri".

E' possibile che la proposta che la Commissione Europea si appresta a presentare la settimana prossima si ispiri in qualche misura alla lettera che Filippo Grandi, Alto commissario dell'Onu per i rifugiati, e William Lacy Swing, direttore generale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim o Iom in inglese), hanno inviato prima del Consiglio Europeo, il 27 giugno, a Donald Tusk, Jean-Claude Juncker e Federica Mogherini.

La lettera delinea un'articolata proposta per un "accordo regionale collaborativo che assicuri sbarchi prevedibili e il seguente esame delle persone soccorse in mare". Anche se i numeri degli arrivi verso l'Europa sono in calo nel 2018, con circa "40mila migranti giunti in Europa via mare nel 2018, fino ad oggi", notano l'Unhcr e l'Iom, nuove "sfide" derivano dalle "visioni divergenti degli Stati membri", divergenze che "hanno rivelato la necessità di rivisitare accordi regionali, per alleviare gli Stati in prima linea dall'avere la responsabilità unica per gli sbarchi e per l'ulteriore esame delle persone salvate in mare".

L'Oim e l'Unhcr "invitano tutti i Paesi nella regione mediterranea ad unirsi per mettere in pratica un meccanismo di sbarco prevedibile e responsabile, in modo da dare la priorità ai diritti umani e alla sicurezza, sganciati dal successivo esame dello status e dalle connesse responsabilità conseguenti, dopo lo sbarco, per coloro che sono stati salvati in acque internazionali".

Oim e Unhcr notano che "viene sempre più riconosciuto che gli sbarchi non possono essere unicamente la responsabilità di un Paese o di un gruppo di Paesi", cosa che l'Italia va sostenendo da anni. Gli sbarchi "dovrebbero essere una responsabilità condivisa in tutto il bacino del Mediterraneo, con il rispetto dovuto alla sicurezza e alla dignità di tutte le persone che migrano. E' necessario quindi un approccio complessivo".

La proposta dell'Oim e dell'Unhcr mira a far sì che "le persone soccorse in acque internazionali vengano sbarcate velocemente, in modo prevedibile, in linea con il diritto marittimo internazionale, in condizioni che rispettino i loro diritti, incluso il non refoulement (cioè il diritto di chi scappa di non essere riconsegnato ai propri carnefici o persecutori, ndr), evitando danni seri e altri rischi".

La proposta include anche un "trattamento responsabile dopo lo sbarco, sostenuto dall'Oim e dall'Unhcr, che porti a soluzioni differenziate rapide ed efficaci, in modo da ridurre i movimenti ulteriori, attraverso un efficace accordo di cooperazione".

Tra gli obiettivi e i principi principali della proposta, c'è il fatto che "il funzionamento del commercio marittimo esige che i capitani delle navi abbiano piena fiducia in uno sbarco rapido e prevedibile" delle persone salvate in mare. In caso contrario, ma questo rimane sottinteso nella missiva, si disincentivano i salvataggi dei naufraghi: un capitano potrebbe pensarci due volte, prima di soccorrere dei migranti in pericolo di vita, se sa che poi non potrà sbarcarli. Occorrono anche "più sforzi per irrobustire le capacità delle Guardie Costiere nei Paesi del Mediterraneo, non solo in Libia, in modo che possano condurre operazioni di ricerca e soccorso con efficacia nelle rispettive aree Sar (Ricerca e Soccorso)".

Le persone salvate in mare devono essere quindi "sbarcate rapidamente in un porto sicuro, in modo prevedibile", in operazioni coordinate dal Mrcc (Maritime Rescue Coordination Centre) competente. Occorre anche "salvaguardare il diritto di asilo e i diritti umani di tutti gli individui, incluso il diritto di non essere sbarcati o trasferiti in luoghi dove ci sia rischio di persecuzione, tortura o altri danni seri". Le proposte dell'Unhcr e dell'Oim mira semplicemente "facilitare l'applicazione delle norme, in linea con un approccio collaborativo e con il principio della cooperazione internazionale".

Nella prima fase, quella dello sbarco, "in tutti i casi, anche dove un'area Sar non c'è, una rapida ed equa cooperazione tra gli Mrcc gestiti dagli Stati è necessaria per salvare vite, senza metterle a rischio tramite un ritardo nello sbarco oppure con lo sbarco in un luogo non sicuro". La "determinazione dei porti di sbarco" dovrebbe essere "basata sulla distribuzione geografica", con la "dovuta considerazione per le capacità disponibili in tali centri". Una volta sbarcati, i migranti dovrebbero essere trasportati in centri di accoglienza a gestione statale, dove, in condizioni degne (acqua, cibo, riparo eccetera), verrebbero immediatamente sottoposti a registrazione biometrica e ad uno screening di sicurezza.

Si separerebbero le varie categorie di persone, con il supporto di Unhcr e Oim, e l'opzione di rimpatrio volontario dovrebbe essere a disposizione in ogni fase per coloro che desiderano fare ritorno a casa. Per le persone sbarcate nell'Ue, ci sarebbe "una valutazione di eligibilità per un possibile trasferimento in un altro Stato Ue". Per coloro che verrebbero sbarcati fuori dall'Ue, ci sarebbe la possibilità di reinsediamento, oltre al ricongiungimento familiare. "In tutti i casi - sottolineano Unhcr e Oim - una soluzione deve essere trovata in un arco di tempo ragionevole".

In ogni caso, le persone che non hanno diritto alla protezione internazionale, che non hanno necessità specifiche (per esempio minori non accompagnati, migranti in gravi condizioni di salute, sopravvissuti ad abusi eccetera) e che non hanno altro titolo per rimanere nel Paese di sbarco "verrebbero rimpatriate nel Paese di origine, con una preferenza per il rimpatrio volontario e la reintegrazione".

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