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Brexit

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16 gennaio 2019 | 09.57
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(Foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Dopo la pesante sconfitta, con Theresa May 'seppellita' da 432 voti contrari all'accordo con Bruxelles sulla Brexit, è iniziata un'altra giornata campale. Subito dopo il voto di ieri, il leader laburista Jeremy Corbyn ha presentato una mozione di sfiducia che verrà discussa oggi ai Comuni a partire dalle 14, con il voto finale previsto alle 20. In base al 'Fixed Term Parliament Act' del 2011, le elezioni politiche nel Regno Unito si svolgono solamente ogni 5 anni. Le prossime sono previste nel 2022. E tuttavia, se il governo stasera perderà la fiducia del Parlamento, scatterà un conto alla rovescia di 14 giorni. Se durante questo periodo, l'attuale esecutivo o qualsiasi altro governo non ottiene una nuova fiducia, vengono indette le ELEZIONI ANTICIPATE, per le quali devono trascorrere almeno 25 giorni lavorativi. Se invece la premier May riesce a sopravvivere al voto di fiducia, a quel punto il governo potrebbe chiedere ai Comuni di votare nuovamente l'accordo sulla Brexit, nella forma attuale o con delle modifiche. Il governo ha a disposizione anche altre opzioni, che aprono altrettanti scenari. Innanzitutto, in mancanza di novità rispetto al voto di ieri, si materializzerebbe l'ipotesi NO DEAL. Secondo quanto stabilito dalla legge approvata dopo il referendum del 2016, il Regno Unito uscirà dall'Unione europea il 29 marzo di quest'anno. E' possibile che il governo, di fronte a una 'hard Brexit', approvi una serie di misure per affrontare le difficoltà finanziarie, economiche e logistiche causate da un mancato accordo con la Ue. Una Brexit "ordinata resterà la nostra priorità assoluta", ma "nessuno scenario" può essere escluso. "Siamo appena a dieci settimane da fine marzo, cioè dal momento scelto dal governo britannico per diventare un Paese terzo. E mai il rischio 'no deal' è parso così elevato come oggi", ha sottolineato il capo negoziatore dell'Ue per la Brexit Michel Barnier, a Strasburgo per la plenaria del Parlamento Europeo.

Altra possibilità è che il governo decida di NEGOZIARE UN NUOVO ACCORDO per la Brexit. Non si tratterebbe di un semplice maquillage all'attuale testo, ma di una vera e propria riapertura del negoziato con Bruxelles, per la quale sarebbe probabilmente necessaria una PROROGA DELL'ARTICOLO 50, per rinviare la data della Brexit. La proroga è però possibile solamente con il consenso di tutti gli stati membri della Ue. "Non credo che ci sia molto da cambiare", ha però detto oggi ai microfoni di Radio Anch'io su Rai Radio 1 il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, aggiungendo: "Al Regno Unito era stato concesso tutto ciò che chiedeva quando era parte integrante dell'Ue, tutto ciò che potevamo concedere senza ledere gli interessi dei cittadini europei: non credo che si possa aggiungere altro".

In caso di mancato consenso, il governo di Londra ha a disposizione altre opzioni. Potrebbe essere deciso un SECONDO REFERENDUM sulla Brexit. Anche in questo caso, sarebbe però necessaria una proroga dell'Articolo 50, non essendoci i tempi tecnici per indire una consultazione prima del 29 marzo, la data dell'uscita dalla Ue. Secondo gli esperti, per espletare tutte le procedure legislative e logistiche necessarie per una nuova consultazione referendaria, occorrerebbero almeno 22 settimane di tempo. Theresa May potrebbe anche decidere di convocare le ELEZIONI ANTICIPATE, per chiedere agli elettori un chiaro mandato sull'accordo da lei negoziato con Bruxelles. In base alla legge, il premier non ha il potere di sciogliere il Parlamento, ma può chiedere a quest'ultimo di approvare una mozione per il voto anticipato. Sono necessari i voti dei due terzi dei deputati e, dopo lo scioglimento, devono trascorrere almeno 25 giorni lavorativi. Anche in questo caso, visti i tempi ristrettissimi, si dovrebbe fare ricorso ad una proroga dell'Articolo 50.

Una recente sentenza della Corte europea di giustizia ha inoltre assegnato al Regno Unito la possibilità di una REVOCA UNILATERALE DELL'ARTICOLO 50, mettendo così fine all'intero processo della Brexit. Tuttavia, dato che la premier May ha ribadito anche ieri sera l'impegno a traghettare il Paese fuori dall'Unione europea, è improbabile che il governo decida di intraprendere questa strada, senza esservi costretto da eccezionali cambiamenti di scenario, quali un nuovo referendum o un cambio di esecutivo. Inoltre, la revoca dell'Articolo 50, avrebbe anche ripercussioni sulle ELEZIONI EUROPEE di maggio, per le quali al momento non è prevista la partecipazione degli elettori britannici. Bisognerebbe quindi rimettere mano all'intero processo elettorale in tempi strettissimi, per evitare un rinvio del voto. Infine, Theresa May, di fronte all'impossibilità di manovra politica, potrebbe decidere autonomamente la strada delle DIMISSIONI. Questo comporterebbe la scelta di un nuovo leader del Partito conservatore e di un nuovo premier, che sostanzialmente si troverebbe però di fronte agli scenari già indicati.

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