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La nipote dello Shah: "Soffro a vedere l'Iran così"

11 febbraio 2019 | 18.23
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40esimo anniversario della rivoluzione islamica, parla Yassmin Pucci

Yassmin Pucci
Yassmin Pucci

La monarchia Pahlavi commise "tanti sbagli", altrimenti "non ci sarebbe stata la rivoluzione", ma "la religione ha distrutto un Paese che aveva una ricchezza infinita e per me oggi è un dolore vederlo ridotto così". Così Yassmin Pucci, figlia di Farinchehr Arvand e nipote dell'ultimo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, in un'intervista ad Aki-Adnkronos International nel giorno del 40esimo anniversario della rivoluzione islamica.

"L'Iran all'epoca era un Paese apertissimo, dove le donne avevano grandi poteri. Mio zio aveva un cuore enorme, adorava l'Italia e l'Occidente, ma sicuramente non aveva polso", ricorda Pucci, di professione attrice. "Chi aveva le redini del Paese in quegli anni era mia nonna" Ashraf Pahlavi, sorella gemella dello Shah soprannominata la 'Pantera Nera' a corte perché "tutti avevano paura di lei. Era una donna risoluta che si faceva rispettare".

Pucci sostiene che tanti di coloro che avevano appoggiato la rivoluzione nel 1979 oggi si sono "pentiti" e hanno capito l'errore, ma ormai è troppo tardi per cambiare il corso della storia. "Siamo arrivati a un punto in cui gli iraniani sono veramente saturi e si sono svegliati", dichiara l'attrice, secondo la quale "con il passare degli anni vedo aperture, c'è un barlume di speranza per l'Iran e voglio avere fiducia".

L'attrice non può recarsi in Iran, la sua famiglia è stata esiliata, ma sogna di farlo perché - spiega - "mi sento persiana. Di fatto ora ho un cognome che non c'entra nulla con i Pahlavi, quindi potrei rischiare. E ci ho anche pensato in passato. E' una cosa che ho in testa e che sicuramente farò. Però mia madre mi ha sempre dissuaso dal farlo", dice Pucci, che a proposito di un ritorno della monarchia afferma "lo spero, ma non credo sia possibile anche se mi piacerebbe rivedere la Persia che c'era al tempo di mio zio".

L'attrice, che lavora a uno spaghetti-western in uscita in primavera dal titolo 'Oro e Piombo', annuncia quindi di voler scavare nel passato della sua famiglia per chiarire alcune ombre che la riguardano anche direttamente. "Mia nonna ha pensato bene di non dire mai chi fosse il padre di mia madre e da lì si è scatenata una bufera" al punto che la madre non figura tra gli eredi ufficiali della sorella dello Shah, racconta, "non si capisce perché mia nonna, così forte all'epoca, le abbia detto 'Non ti dirò mai chi è tuo padre' ".

C'è chi ha sostenuto che Farinchehr Arvand - una donna "innamorata dell'Italia" che per anni ha lavorato all'ambasciata a Roma come responsabile del cerimoniale - fosse stata adottata dalla madre Ashraf Pahlavi, morta nel 2016 dopo una lunga malattia, ma si tratta di un'ipotesi "corretta fino a un certo punto - dichiara Pucci - Non si hanno certezze ed abbiamo fatto una richiesta di eseguire il test del Dna".

"E' una storia complicata, c'è una causa in corso", prosegue l'attrice, che annuncia di voler scrivere un libro sulla sua famiglia, sulla storia di sua madre e di come sia cresciuta all'ombra di una donna potente come la nonna. "Vorrei far capire che mia madre è vissuta in una reggia, ma non è stata una favola. Per tanti motivi si è trovata per tutta una vita senza avere delle conferme e delle certezze - sottolinea -. Quando lasciò l'Iran, era talmente tanto arrabbiata e delusa per la rivoluzione che non mi insegnò il farsi. Il libro è ancora in fase embrionale, ma ce l'ho bene in mente", prosegue.

Pucci chiude raccontando un aneddoto sullo Shah per evidenziare quanto fosse potente la nonna. "Prima della rivoluzione islamica in Iran ci fu un'altra rivoluzione nel 1953 contro Mohammad Mossadeq (l'uomo che nazionalizzò il petrolio iraniano, ndr) che durò pochissimi giorni e vide un coinvolgimento della Cia. Molti non sanno che in realtà fu merito di mia nonna se lo Shah rientrò in Iran (da Roma, ndr). Durante quella rivoluzione mia nonna non lasciò mai il Paese e con la scusa che uno dei suoi figli era molto malato, ottenne che le fossero concessi quattro giorni per raccogliere tutto quello che aveva, anche a livello economico, prima di lasciare l'Iran - conclude -. In realtà con quel denaro fece un colpo di Stato, si ricomprò tutti i colonnelli e i ministri e fece tornare il fratello".

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