"Maduro espelle l'ambasciatore tedesco e chiude le porte alla Germania. Si sente come un re, si chiude nel suo castello e si isola. Ma la realtà è diversa: è un dittatore che subisce anche le pressioni dei criminali che lo circondano". Rodrigo Diamanti, coordinatore venezuelano in Europa per gli aiuti umanitari e rappresentante in Italia di Juan Guaidò, all'Adnkronos risponde così dopo la decisione con cui Nicolas Maduro ha decretato l'espulsione dell'ambasciatore tedesco, Daniel Martin Kriener, che dovrà lasciare il paese entro 48 ore.
"Bisogna continuare a dimostrare al mondo che il Venezuela vuole la democrazia e per questo sabato il paese tornerà in piazza a manifestare. E' un atto che rappresenta anche un nuovo appello alla comunità internazionale", dice Diamanti. "La posizione del Gruppo di Lima -aggiunge riferendosi al summit andato in scena a Bogotà una decina di giorni fa- è stata molto debole: una dittatura non può essere eliminata da una dichiarazione, servono atti concreti. Finché i membri del regime non si rendono conto che sono costretti a cedere, sanno che c'è un'altra opzione per continuare ad andare avanti".
Guaidò, presidente ad interim, è rientrato lunedì nel paese dopo una serie di impegni internazionali. Il presidente dell'assemblea nazionale rischia l'arresto per aver lasciato il Venezuela nonostante il divieto di espatrio imposto dalla Corte Suprema. "Sento Guaidò tutti i giorni, non molla di un centimetro. Ha rischiato e rischia di essere arrestato, ne è consapevole. Ma sa altrettanto bene che gli succederà qualcosa, non sarà tollerato dalla comunità internazionale", dice Diamanti.
Il quadro, prosegue, è chiaro anche a Maduro. "Il regime spera che la mobilitazione cessi, perda colpi. Ma è un'idea stupida, una speranza vana: la gente che muore di fame non si stanca di lottare. Maduro sa perfettamente che se fa arrestare Guaidò ci sarà una reazione decisa della comunità internazionale e per il regime sarà controproducente. Maduro si ritroverebbe con le spalle al muro".
Dopo la recente missione in Italia, Diamanti ha "contatti con deputati e senatori, mi scrivono in tanti per sapere come vanno le cose. Stiamo cercando di vedere se e come l'Italia può intervenire con altri aiuti umanitari, dopo gli interventi già compiuti. Magari con il coinvolgimento di imprenditori, penso ad esempio a quelli del settore alimentare. I militari, come è noto, hanno bloccato l'accesso degli aiuti lo scorso 23 febbraio. Ora bisogna cercare di far entrare cibo e medicine evitando che i soldati intervengano", dice.