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Coprì abusi, condannato arcivescovo di Lione

07 marzo 2019 | 11.14
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Philippe Barbarin (AFP)
Philippe Barbarin (AFP)

Uno dei maggiori prelati della chiesa cattolica francese, il cardinale di Lione Philippe Barbarin, è stato condannato a sei mesi con la condizionale per non aver denunciato i casi di presunti abusi sessuali sui minori da parte di un sacerdote della sua diocesi. Il legale di Barbarin, Jean-Félix Luciani, ha preannunciato appello contro la sentenza, emessa dal tribunale di Lione.

Dopo la condanna, Barbarin ha annunciato di voler presentare le sue dimissioni al Papa. "Ho deciso di recarmi dal Santo padre per consegnargli la mia lettera di dimissioni", ha detto il 68enne secondo quanto riporta Le Figaro, parlando di "terremoto nella chiesa di Francia".

Il processo contro il cardinale, 68 anni, arcivescovo di Lione, che si è sempre detto innocente, ha sollevato grande emozione in Francia, anche per le testimonianze in aula delle presunte vittime. Al centro della vicenda vi sono le accuse di nove ex scout che hanno denunciato di essere stati vittime di abusi sessuali perpetrati prima del 1991 da un sacerdote di Lione, padre Bernard Preynat. L'affare era scoppiato nel 2015, ma una prima inchiesta giudiziaria si era conclusa con una archiviazione.

Sostenuti dall'associazione 'La parole liberée', i nove si sono allora rivolti in tribunale contro la diocesi per non aver denunciato i fatti, mentre il sacerdote è rimasto a contatto con i minori fino al 2015. Oltre al cardinale erano imputati altri 5 membri della diocesi, che non sono stati condannati perché le accuse nei loro confronti sono prescritte. Barbarin afferma di essere venuto a conoscenza delle accuse contro Preynat solo nel 2014, quando una delle presunte vittime si confidò con lui. Ma le parti civili sostengono che il cardinale era al corrente dei fatti fin dal 2010, quando convocò il sacerdote per discutere delle voci che correvano sul suo conto.

Nell'annunciare il ricorso, l'avvocato Luciani ha sottolineato che il tribunale è stato sottoposto a forti pressioni dell'opinione pubblica. La vicenda ha anche ispirato un film, "Grace a Dieu", del regista Francois Ozon.

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