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Pamela Anderson, la pasionaria di Assange

12 aprile 2019 | 12.20
LETTURA: 3 minuti

L'icona anni '90 è un fiume in piena su Twitter, fra pesanti insulti a Trump e al Regno Unito e parole di ammirazione per il fondatore di Wikileaks arrestato ieri

Pamela Anderson  davanti all'ambasciata dell'Ecuador a Londra, prima della visita a Julian Assange nel 2017 (Fotogramma /Ipa)
Pamela Anderson davanti all'ambasciata dell'Ecuador a Londra, prima della visita a Julian Assange nel 2017 (Fotogramma /Ipa)

Insulti a Trump e al Regno Unito. Parole di conforto e ammirazione per Assange, disamine sulla libertà di parola. Pamela Anderson è un fiume in piena: l'ex bagnina di Baywatch e icona anni '90, da ieri si batte su Twitter con le unghie e con i denti chiedendo la liberazione del fondatore di Wikileaks, arrestato dopo aver trascorso 2.487 giorni nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra. Uno "shock" per l'attrice e modella, 'pasionaria' ormai da tempo per la causa, che sul social ha detto di aver visto Assange "molto male", 'cinguettando' contro l'Ecuador 'reo' di averlo consegnato - "Come hai potuto Ecuador? (Perché ti ha esposto) - e l'Inghilterra, definita "puttana dell'America" che ha bisogno "di un diversivo dalle tue stupide stronzate della Brexit". Parole forti, che fanno il paio con quelle sugli Usa e Trump, "codardo tossico", "egoista e crudele" che ha "portato il mondo indietro" insieme alla sua base di "diavoli, bugiardi e ladri". "Tu marcirai - l'augurio - mentre noi risorgeremo".

Una lotta incessante contro l'estradizione, quella di Pamela, che definisce Assange "un eroe per il popolo", popolo che di certo "non permetterà questa vile ingiustizia". Perché per l'attrice, "Julian" è "un'implacabile testimonianza dello spirito umano" che, ora, va tenuto sotto controllo: essere stato sotto i riflettori, spiega, "lo ha aiutato finora a evitare la resa, la tortura o la morte. Dobbiamo tenerlo sott'occhio", scrive, mentre rilancia l'hashtag #protectjulian. Da anni vicina alle istanze di Wikileaks e del suo fondatore, Anderson non vuole "più parlare delle bugie ma delle subdole mosse evidenti" perché "di sicuro si può notare come fosse corretto credere che gli Stati Uniti tentassero di farlo stare zitto. Per aver rivelato la verità. Per esserne un veicolo. Per aver aiutato a rivelare i crimini contro l'umanità", spiega appassionata.

"Profondamente preoccupata per la risposta degli americani" all'arresto di Assange, che "sembrano credere alla propaganda usata per screditarlo", Pamela si lancia stamane in un breve excursus sulla libertà di parola, "il diritto di esprimere opinioni senza limitazioni del governo - un ideale democratico che risale all'antica Grecia. Negli Stati Uniti - spiega ancora - il primo emendamento garantisce la libertà di parola, anche se gli Stati Uniti come tutte le democrazie moderne pone limiti a questa libertà". E intanto, dalla Pamela Anderson Foundation, parte la petizione contro l'estradizione del fondatore di Wikileaks negli Usa.

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