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Massacro Libia

14 aprile 2019 | 20.04
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L'Oms: "121 morti e 561 feriti". Abbattuto aereo forze di Haftar. Il generale cerca endorsement dell'Egitto. Foad Aodi, presidente Amsi: "Situazione drammatica"

(Afp)
(Afp)

La Libia sprofonda sempre più nel caos. Il numero delle vittime è allarmante: 121 morti e 561 feriti il bilancio parziale dei combattimenti da quando il comandante Khalifa Haftar ha lanciato un'offensiva all'inizio di questo mese per prendere Tripoli. A riferirlo è il quotidiano egiziano Ahram citando fonti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

All'undicesimo giorno di un'offensiva che anche oggi vede arretrare le sue forze, Haftar intanto va al Cairo in cerca del sostegno del presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi, mentre il Qatar è impegnato in un'azione diplomatica al fianco del governo di Tripoli - dopo le tappe a Parigi e Berlino il vice premier e ministro degli Esteri Mohammed bin Abdulrahman al Thani vedrà domani a Roma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - che punta a scongiurare tra l’altro il rischio di una guerra regionale.

"Sul terreno la situazione in Libia è più o meno quella di ieri, con un rafforzamento delle forze governative ed un arretramento dell’Esercito nazionale libico a una cinquantina di chilometri da Tripoli", dicono all’Adnkronos fonti libiche, confermando che un aereo delle forze di Haftar è stato abbattuto a sud della capitale.

Che il generale della Cirenaica sia in difficoltà sembrerebbe provarlo anche la sua missione di oggi al Cairo, interpretata a Tripoli come un segnale di debolezza: una missione dalla quale ha ottenuto la conferma del sostegno di al Sisi alla sua azione militare contro "i gruppi estremisti e le milizie in modo da garantire la sicurezza e la stabilità in tutta la Libia", secondo quanto si legge in una nota del portavoce della presidenza egiziana.

Il governo di accordo nazionale del premier Fayez Serraj, dal canto suo, si sente invece "molto fiducioso di riuscire a sconfiggere Haftar: dopo aver temuto il peggio due o tre giorni fa, leforze governative hanno ripreso fiducia e a Tripoli fanno sapere di essere pronti ad una ripresa del dialogo, anche per evitare ulteriori vittime civili, ma a condizione che il generale si ritiri", sostengono le fonti. Secondo le quali un cessate il fuoco non sarebbe sufficiente, dal momento che Serraj e il suo governo non si fidano più del generale 'traditore' e temono che potrebbe approfittare della tregua per lanciare un attacco a sorpresa.

In questa situazione sembra farsi più concreto il rischio di un conflitto regionale: a fianco del governo di Tripoli ci sono Qatar e Turchia, con Bengasi sono invece schierati Emirati arabi, Arabia Saudita ed Egitto. Un conflitto potenzialmente disastroso che ha una componente ideologica - Doha è accusata da Riad, Abu Dhabi ed il Cairo di sostegno al terrorismo per la sua vicinanza ai Fratelli musulmani - ed una economica - una Libia distrutta e "affossata" non sarebbe più un concorrente per alcuni di questi Paesi. Anche per scongiurare questo rischio, il Qatar ha avviato un'intensa azione diplomatica, con missioni a Parigi e a Berlino, e domani a Roma, del vice premier e ministro degli Esteri, convinto della necessità di coinvolgere al massimo livello la comunità internazionale per evitare la guerra civile in Libia in primis e poi la regionalizzazione del conflitto.

"Doha - dicono all'Adnkronos fonti del Golfo - è assolutamente determinata a far sì che l'operazione di Haftar si fermi ed è pronta a intervenire con ogni mezzo che riterrà opportuno. Ma non vuole agire da sola, vuole ricompattare la comunità internazionale a sostegno del governo legittimo riconosciuto dall'Onu". Secondo le fonti, anche il Qatar è rimasto "spiazzato" dall'offensiva lanciata dal generale il 4 aprile scorso: Doha aveva dato il suo contributo all'incontro di fine febbraio tra Serraj e Haftar per una road map che portasse ad elezioni, alla riunificazione delle istituzioni e ad alla nascita di un nuovo governo. Ma "la fuga in avanti" del generale con la sua "aggressione" e le sue prospettive di "dittatura militare" esigono, secondo il piccolo emirato, una condanna senza ambiguità da parte della comunità internazionale, a cominciare dall'Italia.

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