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Spagna

Sanchez pensa a governo da solo

29 aprile 2019 | 09.57
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Vincitore delle elezioni spagnole, il Psoe ha conquistato 123 seggi. Alla vigilia del voto aveva aperto a un'alleanza con Podemos

(Foto Afp) - AFP
(Foto Afp) - AFP

Il partito socialista del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez appare orientato a governare da solo, dopo il successo elettorale di ieri. Lo ha fatto capire la vicepremier Carmen Calvo, intervistata dall'emittente Cadena Ser. "Pensiamo di poter proseguire con la formula con quale abbiamo iniziato", ha detto la Calvo, riferendosi all'attuale governo di minoranza.
Il Psoe ha conquistato 123 deputati, ma è rimasto sotto la soglia di maggioranza di 176 seggi. Sanchez ha finora governato con 85 seggi e l'appoggio esterno di Podemos e partiti nazionalisti. Il primo ministro, che è anche leader del Psoe, ha convocato la commissione esecutiva federale del partito per questo pomeriggio alle 17.
In campagna elettorale Sanchez aveva detto di preferire un monocolore socialista, aperto a qualche indipendente di prestigio, ma alla vigilia del voto aveva aperto ad un'alleanza con Podemos. L'ottimo risultato ottenuto dal Psoe, cresciuto da 85 a 123 seggi, sembra però rafforzare la scelta di governare da soli, tanto più che Podemos può contare solo su 42 deputati contro i 71 del voto del 2016.
Secondo diversi analisti Sanchez è stato votato anche da elettori moderati, spaventati dalla destra estrema di Vox, che non hanno apprezzato la svolta a destra del Pp e di Ciudadanos.

Dal punto di vista matematico, l'opzione più semplice sarebbe un'alleanza con i liberali di Ciudadanos, che garantirebbe una maggioranza di 180 seggi. Il problema è che Albert Rivera ha spostato il suo partito a destra e ieri sera i militanti che festeggiavano Sanchez hanno gridato: "Con Rivera, no!". "Lo avete detto chiaramente", ha risposto il leader socialista. Nessuno sembra aver dimenticato la foto di piazza Colon, dove Rivera si è trovato sullo stesso palco a Madrid con il leader dei Popolari Pablo Casado, ma anche, seppur ad una certa distanza fisica, con Santiago Abascal, il fondatore del partito di estrema destra Vox.
Secondo la costituzione spagnola, il primo ministro incaricato deve ottenere almeno la maggioranza dei voti (176) la prima volta che si presenta in parlamento per la fiducia. Se c'è una bocciatura è possibile un secondo voto 48 ore dopo, nel quale basta avere più voti favorevoli che contrari. In questa fase le astensioni dei piccoli partiti nazionalisti saranno cruciali per il voto di fiducia.

Sanchez, nato a Madrid il 29 febbraio 1972 in una famiglia benestante con il papà imprenditore e la mamma funzionaria pubblica, è un economista con studi universitari a Madrid e Bruxelles. Alto 1,90, una passione per il basket, è entrato in politica come consigliere comunale a Madrid. Nel 2014 ha vinto a sorpresa le primarie del Psoe, ma è stato costretto a lasciare nel gennaio 2016 su pressione della vecchia guardia del partito. Nel giugno 2017 ha però vinto nuovamente le primarie. Esattamente un anno dopo è diventato primo ministro, dopo essere riuscito a far cadere l'esecutivo del conservatore Mariano Rajoy con un voto di sfiducia. Alla testa di un governo di minoranza, Sanchez ha avuto un margine di manovra limitato in dieci mesi di governo ma ha guadagnato molto in termini di statura politica e popolarità. L'accoglienza dei migranti dell'Aquarius respinti dall'Italia, l'innalzamento del salario minimo, così come l'avvio del processo per esumare i resti del dittatore Francisco Franco dal mausoleo della Valle dei Caduti e seppellirlo altrove, hanno rafforzato il suo sostegno a sinistra. A destra è stato fortemente attaccato per il dialogo con i secessionisti catalani, anche se è poi stato il suo rifiuto a discutere di un possibile referendum indipendentista a far cadere il suo governo, privandolo dei voti necessari per far passare la legge di bilancio.

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