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Impeachment e boom economia, la difficile sfida dei Dem a Trump

20 dicembre 2019 | 12.52
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Ieri a Los Angeles si sono sfidati 7 candidati alla nomination democratica per la Casa Bianca. Tutti convinti che la messa in stato di accusa del presidente fosse un atto dovuto

(AFP) - AFP
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Sette candidati democratici alla Casa Bianca, un gruppo ristretto rispetto ai precedenti dibattiti, hanno duellato la notte scorsa sul palco di Los Angeles, uniti comunque nella difficile impresa di contrastare il presidente Donald Trump in un'America dove l'economia è in grande crescita. E l'attenzione politica è al momento concentrata sull'impeachment del presidente, che potrebbe, stando almeno ai sondaggi, favorire piuttosto che danneggiare la rielezione di Trump.

Senza contare che la vicenda al centro dell'impeachment, il Kievgate, tocca personalmente uno dei frontrunner, l'ex vice presidente Joe Biden accusato da Trump e dai repubblicani di coinvolgimento con la corruzione in Ucraina a tutela degli interessi del figlio Hunter. "Se qualcuno ha motivo di essere arrabbiato con i repubblicani e di non voler cooperare questo sono io per il modo in cui attaccano me, mio figlio e la mia famiglia", ha detto Biden. "Ma il fatto è che dobbiamo realizzare le cose", ha aggiunto assicurando che, se eletto presidente, cercherà di recuperare lo spirito di collaborazione bipartisan.

Meno concilianti gli altri front runner, in particolare la senatrice Elizabeth Warren e il sindaco dell'Indiana Pete Buttigieg, che si sono esibiti in un vero e proprio litigio lanciandosi accuse reciproche. Warren ha rinfacciato a Buttigieg la lussuosa cena di raccolta di fondi nella Napa Valley: "miliardari in un'azienda vinicola non devono scegliere il prossimo presidente degli Stati Uniti". Con lui che ha detto che la senatrice "sbandiera test di integrità che lei non può passare", considerato che ha raccolto per la campagna al Senato 2018 ha raccolto 10,4 milioni di dollari in ricevimenti dello stesso tenore.

Soldi che ha trasferito alla sua campagna presidenziale anche se ora ha bandito la raccolta di fondi con ricchi e potenti. Una mossa modellata sulla linea di Bernie Sanders, il senatore indipendente del Vermont che per primo, nella battaglia delle primarie del 2016, ha avviato la svolta a sinistra del partito. Anche lui ha attaccato sulla questione dei finanziatori miliardari, coinvolgendo anche Biden: "ha ricevuto contributi da 44 miliardari, mentre Pete è indietro, ha solo 39 miliardari".

"Non sono venuta qui per sentire questo litigio", ha tuonato a questo punto la senatrice Amy Klobuchar che a sua volta ha attaccato, però sul piano politico, il sindaco che sta prendendo quota nei sondaggi definendolo un "politico locale" che non ha l'esperienza necessaria a guidare un Paese.

La sensazione è che, a soli 45 giorni dai caucus in Iowa, che daranno l'inizio alla lunga corsa delle primarie dem, il campo democratico è ancora nettamente diviso tra moderati e fautori del cambiamento, con un radicale spostamento a sinistra dell'agenda del partito, senza che al momento appaia qualcuno in grado di emergere.

Il dibattito di ieri ha comunque segnato un netto ridimensionamento del campo dei candidati democratici, che all'inizio dell'estate contava oltre 20 candidati, con l'uscita di scena di personaggi, come l'ex deputato del Texas, Beto O'Rourke o la senatrice Kamala Harris, che all'inizio avevano attirato molta attenzione. Ora rimangono ancora 15 candidati sulla carta, ma solo i sette che hanno partecipato al dibattito di ieri hanno raggiunto la soglia minima del 4% nei sondaggi.

Del gruppo sei sono bianchi, una sola donna e tre ultra settantenni. Non vi è un candidato afroamericano o ispanico e l'unico non bianco era Andrew Yang, i cui genitori sono immigrati negli Usa da Taiwan. Bisogna ricordare che nelle ultime elezioni la coalizione composta da donne, giovani ed appartenenti alle minoranze si è rivelata la base elettorale più forte, anche in chiave anti-Trump, dei democratici.

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