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'Soleimani non era unico target Usa, fallita missione in Yemen'

10 gennaio 2020 | 20.10
LETTURA: 2 minuti

Lo scrive il Washington Post sulla base di informazioni fornite da funzionari statunitensi

(Afp)
(Afp)

Sono state due le missioni condotte dalle forze americane nel giorno in cui è stato ucciso a Baghdad Qassem Soleimani: l'altra missione top secret era diretta contro un alto rappresentante militare iraniano nello Yemen. Lo scrive il Washington Post, citando funzionari statunitensi. Il raid contro Abdul Reza Shahlai, finanziatore e figura chiave della Forza Quds attivo in Yemen, non si è concluso con la sua uccisione, stando alle quattro fonti a conoscenza della vicenda citate dal giornale americano.

La rivelazione - si legge ancora - potrebbe indicare che l'uccisione da parte dell'amministrazione Trump del generale Soleimani rientrava in una più ampia operazione e alimenta dubbi sul suo obiettivo, indebolire la leadership dei Guardiani della Rivoluzione o semplicemente prevenire imminenti attacchi contro interessi americani come inizialmente dichiarato.

Le operazioni militari americane nello Yemen sono coperte dalla massima segretezza e i funzionari citati dal giornale parlano di un raid - quello diretto contro Shahlai - ancora altamente secretato. L'unico elemento emerso è che il raid non è stato coronato da successo e che funzionari al Pentagono e in Florida hanno seguito entrambi ed avevano discusso della possibilità di annunciarli congiuntamente, se avessero raggiunto il loro obiettivo.

“Se lo avessimo ucciso, ce ne saremmo vantati la stessa sera", ha dichiarato un alto funzionario Usa. Un'altra fonte ha precisato che i due raid sono stati autorizzati più o meno alla stessa ora e che gli Stati Uniti non hanno dato notizia della missione perché non si era conclusa secondo i piani. Shahlai resta un potenziale bersaglio per il futuro, ha aggiunto la fonte, anche se da entrambe le parti è emersa ora la volontà di favorire una de-escalation.

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