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"Grazia Trump ad Assange? Una bugia totale"

19 febbraio 2020 | 21.41
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"Una montatura, una bugia totale". Così la portavoce della Casa Bianca, Stephanie Grisham, ha definito quanto sostenuto dall'avvocato di Julian Assange durante un'udienza a Londra, secondo cui il presidente Donald Trump avrebbe offerto al fondatore di WikiLeaks la grazia, se avesse detto che la Russia non era coinvolta nella divulgazione delle mail hackerate al Partito democratico nel 2016.

Secondo quanto sostenuto dall'avvocato di Assange, Edward Fitzgerald, in una nota letta al Tribunale di Londra dove è in corso il processo per l'estradizione, Trump avrebbe fatto pervenire la sua offerta di grazia attraverso l'allora senatore repubblicano della California, Dana Rohrabacher, che nell'agosto del 2017 aveva incontrato il fondatore di WikiLeaks all'ambasciata dell'Ecuador nel Regno Unito dove è stato rifugiato per anni. 

"Il presidente a malapena sa chi è Dana Rohrabacher, se non che è un ex congressista. Non ha mai parlato con lui di questo argomento o quasi di qualsiasi altro argomento. E' una totale montatura, una totale bugia - ha affermato Grisham - Questa è probabilmente un'altra delle bufale infinite e delle bugie del comitato nazionale democratico".

Nella nota si afferma che "Rohrabacher andò a visitare Assange al quale disse, su istruzioni del presidente, che gli veniva offerta la grazia o qualche via d'uscita se avesse detto che la Russia non aveva nulla a che fare con la diffusione" delle mail del Dnc. La dichiarazione è stata giudicata una prova ammissibile dal giudice Vanessa Baraitser del Tribunale di Westminster.

Trump, secondo quanto ricostruisce il Guardian, invitò l'allora senatore alla Casa Bianca nell'aprile del 2017 dopo averlo visto alla Fox prendere le sue difese. E nel settembre dello stesso anno la Casa Bianca confermò che Rohrabacher aveva chiamato l'allora capo dello staff John Kelly, per parlargli di un possibile accordo con Assange.

Il senatore raccontò al Wall Street Journal che nell'ambito dell'offerta che gli stava facendo, Assange avrebbe dovuto consegnare memorie del computer e di altri dispositivi dalle quali emergesse che la Russia non era la fonte delle mail hackerate. "Ovviamente non avrebbe ottenuto nulla se quello che ci avrebbe dato non si fosse dimostrato una prova", disse Rohrabacher. Secondo il quotidiano, che cita una fonte dell'amministrazione, Kelly non trasmise il messaggio del senatore a Trump, che dunque non sarebbe stato al corrente dei dettagli della proposta.

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