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Trump, l'Oms e la Cina: tutte le accuse punto per punto

19 maggio 2020 | 11.22
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Dalla minaccia di sospensione dei fondi all'"allarmante assenza di indipendenza dalla Cina" le accuse nella lettera di quattro pagine inviata al direttore dell'Organizzazione. Pechino replica: "Fango su di noi"

(Afp)
(Afp)

E' una lettera di quattro pagine, suddivisa in 14 punti, il documento con cui Donald Trump minaccia di sospendere per sempre i fondi all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'adesione degli Stati Uniti. Il 14 aprile scorso, esordisce nella missiva indirizzata al direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, "ho sospeso i contributi degli Stati Uniti" all'Organizzazione, accusata di aver fallito nella risposta alla pandemia di coronavirus. Ed è già alla quinta riga che il presidente americano denuncia "l'allarmante assenza di indipendenza" dell'Oms dalla Cina.

Al primo punto accusa l'Organizzazione di aver "sistematicamente ignorato notizie credibili sulla diffusione del virus a Wuhan a inizio dicembre 2019 o anche prima" e di non aver "indagato in modo indipendente sulle notizie credibili che erano in aperto conflitto con i resoconti ufficiali del governo cinese". "Entro e non oltre il 30 dicembre 2019, l'ufficio dell'Oms a Pechino sapeva" dei timori per la salute pubblica a Wuhan, prosegue il testo che riporta come "tra il 26 e il 30 dicembre" scorsi i media cinesi parlassero di un "nuovo virus" nella megalopoli.

Già al terzo punto viene citata Taiwan, quella che Pechino definisce una "provincia ribelle", considerata un "modello" nella risposta alla pandemia e che non è stata invitata ai lavori dell'Assemblea dell'Oms che si sono aperti ieri. A fine dicembre, si legge nella lettera diffusa da Trump su Twitter, "le autorità di Taiwan avevano comunicato informazioni all'Oms sulla trasmissione tra esseri umani di un nuovo virus". Ma, prosegue, l'Oms "ha scelto di non condividere queste informazioni cruciali con il resto del mondo, forse per motivi politici".

Al quarto punto l'accusa alla Cina di "non aver informato" tempestivamente l'Oms - "entro le 24 ore" imposte dalle normative - su quanto stava avvenendo a Wuhan, fino ad arrivare al 31 dicembre. Poi viene citato il dottor Zhang Yongzhen del Centro clinico per la salute pubblica di Shanghai, che "il 5 gennaio 2020 ha comunicato alle autorità cinesi" di aver scoperto la sequenza del genoma virale, ma questa informazione non è stata resa pubblica se non "sei giorni dopo, l'11 gennaio, quando il dottor Zhang pubblica online" la scoperta, con un "grande atto di 'trasparenza', come anche l'Oms ha riconosciuto". Il giorno dopo, si ricorda, il suo laboratorio è stato chiuso per una non meglio precisata "rettifica" e l'Organizzazione è rimasta "in silenzio".

L'Oms viene poi accusata di aver diffuso informazioni "esageratamente imprecise o fuorvianti", a cominciare dal "14 gennaio" quando l'Organizzazione "ribadisce in modo gratuito la teoria della Cina, ora confutata, secondo cui il coronavirus non poteva essere trasmesso tra esseri umani", con dichiarazioni in "aperto scontro con le informazioni censurate da Wuhan". Non manca un riferimento alle notizie - smentite - secondo cui il 21 gennaio il presidente cinese Xi Jinping avrebbe chiesto a Tedros di ritardare l'allarme pandemia.

"Avete ceduto a queste pressioni e detto al mondo, il giorno dopo, che il coronavirus non rappresentava una Emergenza internazionale di salute pubblica", si legge nella lettera che aggiunge come "appena una settimana dopo, il 30 gennaio 2020, prove schiaccianti del contrario vi hanno costretto a cambiare rotta". Si ricorda poi l'incontro del 28 gennaio a Pechino con Xi, l'elogio alla "trasparenza" del gigante asiatico, senza "citare che la Cina aveva messo a tacere o punito diversi medici per aver parlato del virus".

C'è poi l'accusa di "mancate pressioni sulla Cina" affinché facesse entrare "tempestivamente" un team di esperti dell'Oms, che è arrivato "due settimane dopo, il 16 febbraio 2020", rispetto alla dichiarazione del 30 gennaio con cui l'Oms ha riconosciuto l'epidemia di coronavirus in Cina Emergenza internazionale di salute pubblica. "E anche allora - si legge - al team non è stato consentito di visitare Wuhan se non negli ultimi giorni della visita" e l'Oms è "rimasta in silenzio quando la Cina ha negato l'accesso a Wuhan a due componenti americani del team".

Trump punta inoltre il dito contro l'Oms per aver espresso apprezzamento per le restrizioni sugli spostamenti imposte dalla Cina e di essere stata al contempo "inspiegabilmente contraria alla mia chiusura del confine degli Usa, il 'ban', riguardo le persone in arrivo dalla Cina". E ancora, "il 3 febbraio la Cina faceva forti pressioni sugli altri Paesi per la revoca o il blocco delle restrizioni ai viaggi", una "campagna di pressioni rafforzata dalle vostre dichiarazioni errate con cui quel giorno dicevate al mondo che la diffusione del virus fuori dalla Cina era 'minima e lenta'".

Il 3 marzo, prosegue la lettera, "l'Oms citava dati ufficiali cinesi per minimizzare il rischio della diffusione asintomatica" ed "è ora chiaro che le affermazioni della Cina, ripetute al mondo dall'Organizzazione, erano ampiamente inaccurate". Così, aggiunge, "quando l'11 marzo 2020 avete finalmente dichiarato la pandemia, il virus aveva ucciso più di 4.000 persone e i contagi erano più di 100.000 in almeno 114 Paesi del mondo".

La lettera denuncia come la Cina "continui anche ora a rifiutarsi di condividere dati precisi e puntuali, campioni", a tenere per sé "informazioni cruciali sul virus e le sue origini" e a "negare l'accesso internazionale ai suoi siti scientifici e rilevanti". "L'Oms - recita l'ultimo punto - ha fallito nel chiedere pubblicamente alla Cina di consentire un'inchiesta indipendente sulle origini del virus" e questo ha "portato all'adozione della risoluzione 'Covid-19 Response'".

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