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Aleksievic: "In Bielorussia siamo al limite di una guerra civile"

04 ottobre 2020 | 22.02
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La premio Nobel per la Letteratura: "Volevano arrestarmi"

(Foto Adnkronos)
(Foto Adnkronos)

"In Bielorussia siamo sempre al limite di una guerra civile, ci sono anche molti che sostengono Lukashenko e che non vogliono il cambiamento. Quando parlo con queste persone sembra tornare indietro agli anni 90. E' una sottomissione schiavistica al potere. L’incapacità di risolvere problemi da sé". Lo ha detto la premio Nobel per la Letteratura Svetlana Aleksievic intervenuta al Taobuk Festival a Taormina. Intervistata dalla giornalista Viviana Mazza, racconta l'attuale situazione in Bielorussia che ha lasciato da poco tempo.

"Sognavamo una rivoluzione senza sangue, una rivoluzione bella - dice ancora Aleksievic -Hanno cercato anche di arrestarmi ma grazie alla mia notorietà non è accaduto, perché gli ambasciatori dei Paesi occidentali mi hanno salvata in quanto a turno dormivano a casa mia". "Ogni giorno decine di migliaia di persone scendono in piazza in Bielorussia per protestare. Putin solo così non è riuscito a entrare in Bielorussia, come voleva fare". "Probabilmente Putin riuscirà a entrare ma noi saremo sempre una provincia ribelle".

"Ricordo che andai in Afghanistan e incontrai una giovanissima ragazza con un bimbo tra le braccia avvolto in una coperta. Quando scoprì il piccolo notai che non aveva né gambe né braccia e la madre mi disse: 'Guarda i tuoi russi hanno fatto questo'. Io ero sconvolta. Non pensavo che noi benissimo chiamati in Afghanistan gli Hitler sovietici". "Lo ammetto- ha proseguito- La storia di questo bambino non finirà nel dimenticatoio, lo promisi a me stessa". E ricorda di avere raccontato quanto visto in Afghanistan al padre, che era "un insegnante di campagna", dice. "Gli dissi: 'tu lo sai che siamo degli assassini?'. All’improvviso si mise a piangere". E conclude: "I libri sulla verità sono necessari". "Le persone volevano conoscere la verità- dice ancora la premio Nobel -io devo ammettere di essere cresciuta in una famiglia in cui mio padre era comunista e io mi liberai delle convinzioni comuniste quando andai in Afghanistan, quando vedevo come i nostri Katiuscia riducono in polvere interi villaggi".

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