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Usa, l'analista Spannaus: "Trump punta a ruolo centrale nel Partito Repubblicano"

17 novembre 2020 | 16.26
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'Possibilità ribaltare risultato quasi nulle, sistema sta funzionando'

Usa, l'analista Spannaus:

Sebbene Trump abbia "già capito" quale sarà l'esito dei suoi ricorsi contro i presunti brogli, "va avanti per motivi politici, per giustificare il suo ruolo futuro nel Partito Repubblicano in cui intende avere un ruolo centrale nei prossimi anni". Lo afferma all'Adnkronos Andrew Spannaus, analista americano autore di 'L'America post-globale. Trump, il coronavirus e il futuro', commentando le tensioni post-voto negli Stati Uniti, con il presidente in carica che continua a rifiutarsi di ammettere la sconfitta.

Per Trump le possibilità di ribaltare il risultato sono "praticamente nulle" perché non ha portato nei tribunali "prove solide" dei brogli e tra pochi giorni diversi Stati certificheranno il voto, sostiene Spannaus, secondo cui, nonostante la transizione di potere sia piuttosto travagliata, il "sistema sta funzionando e la maggior parte delle istituzioni sta affrontando con calma e serietà" la situazione. "Certo - aggiunge - se si dovesse arrivare all'intervento della Corte Suprema sarebbe più preoccupante".

Politica Estera. Il cambiamento dell'Amministrazione Biden rispetto a quella Trump "sarà nei toni più che nella sostanza", ad eccezione del dossier iraniano, prosegue Spannaus, secondo cui i democratici avranno un approccio più "multilaterale e intervista" ma sulle grandi questioni, come i rapporti con la Cina, la Russia e in Medio Oriente, è improbabile un cambio di passo.

Con l'Europa Washington avrà un "approccio più aperto - prevede l'analista - ma gli Usa cercheranno di attrarla nel loro campo piuttosto che farla finire nelle mani dei cinesi". Secondo Spannaus, "Biden dovrà stare attento a non immischiarsi in nuovi conflitti" anche per non perdere consensi sul piano interno.

Ritiro truppe Usa. "Trovo giusta" la decisione di Donald Trump di ordinare il ritiro delle truppe da alcuni teatri internazionali, "ma ci vuole progettualità e bisogna creare le condizioni giuste", dichiara Spannaus, a proposito del piano del presidente di ritirare nelle prossime settimane gran parte delle truppe da Afghanistan ed Iraq.

"Trump è stato eletto promettendo di riportare i soldati a causa. Il suo approccio è radicalmente diverso da quello delle Amministrazioni degli ultimi decenni", sottolinea Spannaus, spiegando che per Trump è sbagliato spendere soldi e perdere vite umane dove non ci sono interessi diretti per gli Stati Uniti. E la popolazione, aggiunge, "su questo punto è d'accordo" con lui, mentre "le istituzioni cercano di riparare quello che vedono come un danno".

"Trump - rimarca l'analista - ha cambiato la direzione della politica americana e forse occidentale e non sarà facile tornare su posizioni più interventiste".

Iran. L'intenzione del presidente eletto Joe Biden è di tornare nell'accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa), da cui gli Stati Uniti sono usciti a maggio 2018, ma "ci vorrà tempo e la strada per lui è in salita", prosegue Spannaus, commentando uno dei dossier più scottanti sul tavolo della nuova Amministrazione.

Biden "cercherà di riprendere il dialogo" con gli ayatollah, ma non sarà facile perché "dovrà trattare con Israele ed i Paesi del Golfo che sono molto contrari a un'apertura verso l'Iran". E anche far accettare alla Repubblica islamica di riannodare il dialogo sarà complicato, sottolinea l'analista, secondo il quale il prossimo anno a Teheran si terranno le presidenziali ed "i conservatori hanno buone possibilità di vittoria e quindi di prendere il controllo delle leve del governo. In quella situazione per gli Usa sarà più difficile".

Inoltre, aggiunge, i conservatori non hanno certo dimenticato l'uccisione del generale Soleimani, "che anche Biden ha applaudito".

Cina. Per Biden rimarrà "un competitor da contenere a livello strategico", ritiene l'analista a proposito dei futuri rapporti tra l'Amministrazione Biden e Pechino.

Secondo Spannausa, gli Stati Uniti continueranno a "mettere pressione" sul governo cinese, la cui ultima mossa, ovvero l'accordo di libero scambio con 14 Paesi dell'Asia e del Pacifico, tra cui alcuni alleati storici dell'America, è "una mossa per evitare l'isolamento".

"La Cina e questi Paesi come il Giappone e l'Australia non considerano l'accordo come un cambio di posizione strategica contro l'Occidente, ma un'opportunità economica - conclude - Ma certo pone agli Stati Uniti l'urgenza di lavorare sulle alleanze".

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