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Senato: Tocci resta senatore ma il suo è un atto d'accusa sottovoce

26 novembre 2014 | 20.17
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Il Senato respinge la richiesta di dimissioni ma nel suo discorso l'ex Pd non risparmia le critiche per l'abuso del voto di fiducia: Obama guida gli Usa senza pretendere la disciplina di partito dai senatori. L'appello di Zanda, con la riforma del bicameralismo le cose miglioreranno

Walter Tocci  (Infophoto)
Walter Tocci (Infophoto)

Chi si aspettava uno show polemico evidentemente non conosce l'uomo: Walter Tocci ha chiesto al Senato di accettare la sua richiesta di dimissioni (respinta con 150 voti contrari e 52 a favore), quasi sottovoce ma senza omettere nemmeno una delle ragioni che lo hanno indotto, lo scorso 8 ottobre, a annunciare la volontà di lasciare il seggio a palazzo Madama, dopo aver votato la fiducia al governo Renzi sul Jobs act, provvedimento che non condivideva e contro il quale anche oggi è tornato a spendere parole corrosive.

"La garanzie - ha detto - diminuiscono anche per i lavoratori che possono essere licenziati con motivazioni false: bastano quelle economiche per nascondere le motivazioni discriminatorie. Davvero non riesco a convincermi che si debba peggiorare la legge Monti-Fornero per creare sviluppo. L'arretramento delle garanzie istituzionali va di pari passo con la diminuzione dei diritti sociali". Lo scadimento del processo legislativo, ha aggiunto Tocci, è la conseguenza di un Parlamento ormai esautorato da funzioni e prerogative attribuite dalla Costituzione.

"In Italia -ha osservato- è scomparsa la legge: non solo perché non viene rispettata ma perché non è più il Parlamento a produrla. Le chiamiamo ancora leggi ma, da tanto tempo, ratifichiamo su proposta del governo ammassi di norme eterogenee, improvvisate complicando all'inverosimile la vita dei cittadini e delle imprese. All'iniziativa parlamentare rimangono celebrazioni di eventi, nicchie corporative, regalie territoriali. L'esecutivo è padrone del legislativo". E forse, per estensione, anche dei partiti e dei parlamentari.

"Il presidente americano -ha infatti ricordato Tocci- governa il mondo senza disporre della disciplina di partito dei suoi senatori. In quella limpida democrazia infatti la concentrazione dei poteri trova un contrappeso nei parlamentari senza vincolo di mandato. Questa libertà e il dovere di rappresentare la nazione, ovvero i capisaldi dell'articolo 67 della Costituzione, svaniscono se si legifera in via ordinaria con il voto di fiducia. Su questo strumento evitiamo il gioco delle parti: abusarne quando si è in maggioranza, criticandolo quando si è all'opposizione. I problemi di oggi sono il frutto di venti anni di scelte sbagliate".

Un ventennio, ha osservato infine il senatore, in cui "riformare ha sempre più il significato di indebolire il Parlamento, promettendo in cambio decisioni più rapide. Abbiamo perso molto nella qualità della democrazia senza guadagnare nulla nell'efficienza del governo. Diminuiscono i voti degli elettori ma aumenta il premio di maggioranza ai partiti. Si rischia insomma il governo maggioritario in una democrazia minoritaria, come si è visto alle elezioni regionali. La politica si indebolisce ma vuole fare tutto da sola, trascurando garanzie e contrappesi come si vede nel progetto di riforma della Costituzione".

Quello di Tocci è stato un 'atto di onestà' che gli è stato riconosciuto dai rappresentanti dei gruppi parlamentari intervenuti nel dibattito prima che il Pd, insieme a Fi, Sel, Gal, Lega Nord e Scelta Civica lo invitassero a restare al suo posto, respingendo la richiesta di dimissioni. "Il suo -ha commentato il capogruppo Pd, Luigi Zanda - è stato un gesto forte che conferma un'idea coerente di cos'è un partito politico e di come se ne deve far parte".

E' il funzionamento del sistema parlamentare che, secondo Zanda, "lascia spazio ai decreti leggi, ai voti di fiducia, ai provvedimenti omnibus. Questo processo d'impoverimento del ruolo del Parlamento non può piacere a nessuno e a me non piace affatto. Ma dobbiamo riconoscere che ha molti padri e origini lontane" ma la "revisione del bicameralismo perfetto può essere lo strumento utile a restituire al Parlamento il ruolo centrale che deve avere".

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