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Rai: riforma sul tavolo di Renzi, domani in Cdm il il 'format' giusto

11 marzo 2015 | 19.40
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Due i testi all'esame del governo. A Peluffo e Verducci il compito di 'sherpa' con gli altri partiti. Il premier per un vero 'capo azienda'. La tentazione di far partire la discussione dal Senato

la sede Rai di viale Mazzini FOTO RAVAGLI/INFOPHOTO
la sede Rai di viale Mazzini FOTO RAVAGLI/INFOPHOTO

La Rai, la "più grande azienda culturale del Paese", sarà guidata da un amministratore delegato con pieni poteri, avrà un 'board' snello (di 3 - 5 membri) e entro l'estate sarà sempre più modellata come una vera e propria Spa. Sono le tracce maggiormente condivise del 'dossier' riforma-Rai che si trova sul tavolo di Matteo Renzi in vista del Consiglio dei ministri fissato per oggi alle 17,30.

Il Pd, dopo la riunione di ieri con lo stesso segretario-premier, ha continuato a lavorare sulla pratica grazie al lavoro degli 'sherpa' Vinicio Peluffo e Francesco Verducci. I due parlamentari hanno messo in agenda gli incontri con le altre forze politiche che hanno depositato provvedimenti sulla Rai in Parlamento (M5s, Sel, Lega, Psi e anche l'associazione MoveOn) e, in sostanza, istruito nei dettagli i due testi che il governo sta prendendo in considerazione.

Il lavoro di 'cucina' è nelle mani del sottosegretario Antonello Giacomelli (che ieri avrebbe dovuto essere ascoltato dalla commissione Trasporti della Camera ma ha declinato anche a causa degli impegni per il lavoro sulla Rai). Su alcuni punti chiave della riforma molti passi in avanti sono stati fatti: la figura dell'Ad 'forte', la Spa, il Cda ristretto. Il punto nodale sono le fonti di nomina del vertici (Ad e Cda).

In una delle versioni della riforma l'Ad lo nomina l'azionista (il ministero dell'Economia e quindi il governo), il Cda la Vigilanza o i presidenti delle Camere (in questo caso la commissione si 'limita' a vigilare). Unico limite, la sentenza della Consulta del '74 che non permette di arginare troppo la sfera di azione del Parlamento sulla Tv pubblica. Altre ipotesi in campo, quella del modello 'duale' (alla Bbc): un Consiglio di sorveglianza di origine variegata (dall'Anci ai dipendenti Rai) che nomina un Comitato di gestione con un capo azienda con pieni poteri. Al Consiglio, tra l'altro, il potere di relazionare al Parlamento.

Ai parlamentari Pd, Renzi non avrebbe nascosto la sua preferenza per un vero e proprio "capo azienda", quindi non per il modello duale. Il premier ha anche parlato della necessità di arrivare subito ad un "documento strategico" sulla Rai. Sarà, insomma, lo stesso premier (che ieri avrebbe dovuto parlare di Rai con Angelino Alfano, ma l'incontro alla fine è saltato) ad indicare con chiarezza la strada da intraprendere già domani in Cdm. Se indicare alcune 'linee guida' su cui il Parlamento potrà ragionare o definire un Ddl da far discutere sempre alle Camere. Oppure, come diceva qualcuno in Transatlantico, prendere un altro po' di tempo.

Resta aperto (affrontata anche nell'incontro al Nazareno) il tema su quale ramo del Parlamento dovrà esaminare per primo la riforma Rai. Secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza, ci sarebbe la tentazione di iniziare dal Senato anche se è la Camera in cui il Pd è meno compatto. Sarebbe una sorta di sfida alle capacità del Parlamento di affrontare un tema così 'caldo', una sorta di responsabilizzazione del ruolo dei parlamentari dopo le aspre polemiche sull'uso dei Dl. Un 'format', quello del decreto, per ora escluso dallo stesso Renzi per la Rai.

Intanto, in un documento che circola a palazzo Chigi sulla riforma Rai anticipato da fonti parlamentari, si legge che per il Servizio Pubblico "non servono architetture barocche o la creazione di qualche sofisticata ingegneria che complichi ancora di più le cose. Serve una guida manageriale vera, come quella di ogni grande player internazionale”. Insomma, un capo, "un responsabile che possa decidere".

"La Rai non è una municipalizzata di provincia, la prima industria culturale italiana non può sottostare a procedure cavillose chilometriche o avere l’incubo della Corte dei Conti. La nostra creatività e professionalità ha le carte in regola per gareggiare con i grandi network a livello mondiale, per entrare nei mercati internazionali delle produzioni di eccellenza, per esportare all’estero le fiction che raccontano l’Italia, ma deve essere messa nelle condizioni di farlo", si legge sempre nel documento.

Inoltre, emerge una piena adesione al piano news della Rai, con la creazione delle due newsroom, passato all’unanimità dalla commissione di Vigilanza. Sempre da fonti parlamentari si apprende che in sede parlamentare, nella riunione con i componenti Pd della Vigilanza, si è parlato anche di una ipotesi di specializzazione tematica delle tre reti principali, con una rete generalista, una per l’innovazione, sperimentazione e nuovi linguaggi, e una a carattere più spiccatamente culturale, più di servizio pubblico, preferibilmente senza pubblicità.

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