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Politica: Gramsci e la questione meridionale, una lezione da non dimenticare

09 giugno 2015 | 19.09
LETTURA: 3 minuti

Ne parla domani Nando dalla Chiesa alle 18,30 nello Spazio Melampo

Antonio Gramsci
Antonio Gramsci

Oggi chi ricorda più la “questione meridionale”? Eppure si tratta di una vicenda che non è affatto tramontata. Tutt'altro, dal momento che "pur cambiando verso e forma, è ancora più nazionale di un tempo". A spiegarlo è il sociologo e politologo Nando dalla Chiesa che a questo tema ha dedicato una raccolta antologica di scritti gramsciani, da lui curata, dal titolo "Antonio Gramsci. La questione meridionale" (Melampo Editore), uscita di recente e giunta già alla seconda ristampa.

"Come vediamo da quanto ci accade intorno, non c'è più un Sud da integrare nella nazione, ma c'è un Sud illegale che, progressivamente, conquista la nazione, la cambia, la uniforma a sé -commenta con l'Adnkronos- Con un Nord del Paese che si rivela sempre meno diverso e senza classe dirigente". Parole dure di critica all'establishment politico.

Domani al grande pensiero dimenticato di Gramsci (1891-1937) dalla Chiesa dedicherà una lezione per illustrare una vicenda quanto mai attuale: come mai "la mafia sta conquistando il nord". L'incontro, aperto a tutti, si terrà a Milano a partire dalle 18.30 nello Spazio Melampo. "Rileggere il grande pensatore non più in funzione della separatezza di nord e sud, funzionale ai meccanismi dell'accumulazione capitalistica, ma entro una diversità territoriale che resiste ai movimenti civili e alle nuove generazioni. E che si allarga fino a farsi Paese intero, con la famosa 'linea della palma'che sale sempre più a nord"". (segue)

Un Sud illegale, la 'linea della palma', sta conquistando il Paese

"Un nord -prosegue dalla Chiesa- con tanti aspetti perfettamente 'compatibili' con i costumi mafiosi, ospitale per corruzione e per familismo amorale. Un nord imbevuto di retorica negazionista". In questo senso "tuffarsi negli scritti gramsciani, specie quelli dedicati al Risorgimento e agli intellettuali, aiuta a spiegare l'Italia di oggi". A scoprire il paradosso di un pensatore marxista che trova la sua contemporaneità fuori dal marxismo.

A proposito della "Debolezza nazionale della classe dirigente", ad esempio, Gramsci scrive qualcosa che sembra attagliarsi perfettamente all'odierna 'fuga dei cervelli' dall'Italia: "Prima della Rivoluzione francese -afferma il filosofo- prima cioè che si costituisse organicamente una classe dirigente nazionale, c'era un'emigrazione di elementi italiani rappresentanti la tecnica e la capacità direttiva, elementi che hanno arricchito gli Stati europei col loro contributo. Dopo la formazione di una borghesia nazionale e dopo l'avvento del capitalismo si è iniziata l'emigrazione del popolo lavoratore, che è andato ad aumentare il plus-valore dei capitalismi stranieri: la debolezza nazionale della classe dirigente ha così sempre operato negativamente".

"Essa -prosegue Gramsci nei 'Quaderni'- non ha dato la disciplina nazionale al popolo, non l'ha fatto uscire dal municipalismo per una unità superiore, non ha creato una situazione economica che riassorbisse le forze di lavoro emigrate, in modo che questi elementi sono andati perduti in grandissima parte, incorporandosi nelle nazionalità straniere in funzione subalterna". Chi ha orecchie per udire, intenda.

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