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Per Renzi impossibile andare avanti così, al capolinea storia Pd-Marino

08 ottobre 2015 | 20.26
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(Infophoto)
(Infophoto)

"Basta, è finita". La sorte di Ignazio Marino è stata segnata davvero nelle ultime ore, sull'asse Nazareno-palazzo Chigi, con un Matteo Renzi che ha dovuto prendere atto del fatto che il sindaco di Roma "è indifendibile". Non che il premier non abbia mai avuto idee chiare su Marino, lo disse anche in televisione. Ma fino a tutta la giornata di mercoledì è rimasto concentratissimo sulla legge di stabilità, quasi a segnare una simbolica distanza con le vicende del Campidoglio. Sempre mercoledì, in serata, si era diffusa la voce di un vertice con Matteo Orfini: una ipotesi che non ha trovato alcuna sponda a Palazzo Chigi. Un incontro che non si è mai tenuto.

Nonostante la sua distanza, appunto, alla fine il segretario del Pd ha dovuto constatare che Marino ormai "non ne faceva una giusta". Renzi ne ha parlato con pochissime persone, ai piani alti del Nazareno oggi si ragionava così: "Fino a 10 giorni fa si poteva anche pensare di tenere in piedi Marino e magari votare a ottobre. Era comprensibile anche il tentativo di dargli una possibilità, ma adesso è impossibile andare avanti".

Per questo, lo 'show down' delle ultime ore che porta dritto dritto al voto in primavera anche nella Capitale, in abbinata con Milano, Napoli e altre città. "Una partita tosta", ammettono i renziani, ma che "sarà difficile per tutti, anche per i grillini". Traccheggiare, insomma, per puntare ad un voto più in avanti era diventato ormai impossibile. Quindi, le dimissioni del sindaco, pressato per tutto il giorno dal Pd fino a minacciare la mozione di sfiducia. Passaggio che non sarebbe stato facile da gestire, ma inevitabile.

Ma l'epilogo del 'Marino I' ormai è storia, anche se non sarà senza strascichi. Oggi alla Camera tra i parlamentari del Pd il barometro dei rapporti tra Orfini e Renzi veniva dato davvero sulla burrasca. Adesso, però, i renziani descrivono il leader dem già sintonizzato sul dopo: "Ora, velocemente, dovremo scegliere il candidato", sarebbe stata l'indicazione data ai suoi dal premier.

Il candidato, per adesso, ancora non c'è. Ci sarà tempo per lavorarci. Intanto, per quel che riguarda il commissario non sarà Franco Gabrielli: una legge impedirebbe al prefetto del capoluogo di fare il commissario nella 'sua' città. Al Pd ricordano il caso dell'addio di Walter Veltroni, quando arrivò Mario Morcone commissario. Sul profilo del candidato, il Pd è però già al lavoro su un nome capace di "elevarsi" rispetto a quelli circolati sino ad oggi.

Per questo, è dato in calo il nome di Roberto Giachetti e sono considerati davvero improbabili i bis come quelli di Walter Veltroni o Francesco Rutelli. Restano in pista, ma davvero tutti da verificare, i nomi dello stesso Gabrielli (ma con freddezza) e Giovanni Malagò. Più probabile la scelta di un politico di peso, come potrebbe essere Paolo Gentiloni o Marianna Madia: la ministra della Pa fu quella che per prima ebbe il coraggio di scoperchiare le opacità del Pd romano già ai tempi delle primarie. Qualcuno, tra i dem, oggi sussurrava anche il nome dello stesso Orfini candidato, ma con un significato tutto particolare: un modo per portare fino in fondo una 'mission' che si è intestato sin dall'inizio prendendo le difese di Marino.

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