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Rai: Diaconale, no veti a piano industriale ma mi preoccupa applicazione

12 aprile 2016 | 17.56
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Il consigliere Rai Arturo Diaconale
Il consigliere Rai Arturo Diaconale

"Non porrò veti al piano industriale ma la sua concreta applicazione mi preoccupa". Manca una settimana al consiglio di amministrazione della Rai che esaminerà il piano industriale targato Campo Dall'Orto e il consigliere Rai Arturo Diaconale, conversando con l'Adnkronos, mette in guardia dalle possibili questioni del giorno dopo e pone un interrogativo di fondo: "Si vuole fare una media company. Bene, ma che dimensione avrà? Domestica o internazionale? E se si sceglie la dimensione internazionale si userà il criterio della concorrenzialità con gli altri colossi o, invece, del Servizio Pubblico che comporta condizionamenti non da poco come, ad esempio, il limite alla pubblicità?".

"Io sono favorevole a un progetto innovativo - ragiona il consigliere - ma tenendo conto anche di altri fattori come lo scenario internazionale e quindi tenendo conto dell'accordo di Mediaset con Bollorè e Vivendi e della decisione del Biscione di uscire dai confini nazionali per essere competitivo con i grandi colossi mondiali. Un fatto - rimarca Diaconale - che crea non pochi problemi alla Rai la quale deve scegliere se rimanere dentro il circuito domestico, dove vive con il canone, fronteggiando una concorrenza che non sarà più il vecchio duopolio ma una concorrenza con soggetti che si sono dati una dimensione internazionale". E ora torniamo al piano industriale. "Sappiamo che la direzione di marcia è - dice Diaconale- Raiuno rete tradizionale che guarda alle famiglie, Raidue rete innovativa e Raitre rete espressione della realtà, ma andando ai fatti che cosa vuol dire? E come si tradurrà questo nei fatti, assicurando nel cambiamento di identità il pluralismo delle opinioni che è l'esigenza primaria del servizio pubblico?".

"Faccio un esempio - prosegue Diaconale - Raitre ha avuto un'identità molto marcata per 30 anni. Identità tutta politica tant'è che è stata chiamata Telekabul e ha mantenuto questa caratteristica per lungo tempo. Ora è chiaro che quella vecchia identità non è più attuale, ma vorrei sapere come verrà cambiata. Dire che Raitre sarà espressione della realtà vuol dire tutto e niente. E allora come? Raiuno deve mantenere l'ideneità che ha avuto fino a adesso? Va bene ma questo vuol dire che all'interno dei singoli programmi sarà preservato un equilibrio. Ne 'La vita in diretta', per esempio, dovranno esserci testimoni di voci diverse tra loro. E lo stesso dicasi per 'l'Arena' o 'Porta a porta' e via dicendo. Il punto è che non deve mai essere un pensiero unico. E' questo che mi preoccupa".

"Perché mi ha spaventato la faccenda Vespa ? - spiega Diaconale - Perché il pensiero 'politicamente corretto' - argomenta Diaconale - ha bollato come azione indegna un'intervista che qualsiasi giornalista avrebbe fatto e che, tra l'altro, ha messo in luce una realtà del mondo della mafia davvero incredibile. Quella di una famiglia che per vent'anni ha vissuto con normalità. Un aspetto della mafia che è importante conoscere. Non è solo con la repressione e l'esecrazione, infatti, che si affronta il tema della mafia. Anzi, finora queste modalità non hanno raggiunto l'obiettivo di estirparla. Forse bisogna agire da fronti diversi e anche in questo caso, come in ogni caso, il pensiero unico non aiuta".

"Le indicazioni date a suo tempo da Leonardo Sciascia dovrebbero essere applicate - sottolinea Diaconale - E invece solo sdegno, condanna ed esecrazione verso la mafia mentre, nel frattempo, la mafia continua ad esserci con fenomeni come quelli delll'antimafia che in alcuni casi copre i fenomeni mafiosi. Come dimostra il caso Vespa - fa notare il consigliere - ora che il Cda non è più luogo di sintesi delle diverse sensibilità e non ha più alcun potere di incidere, tutto torna e più di prima sul piano politico e diventa motivo di strumentalizzazione, speculazione e comunque di condizionamento".

"Il cda - argomenta Diaconale - ha sempre rappresentato il terreno su cui le varie istanze e posizioni si potevano conciliare non in termini di lottizzazione ma anche in termini di indirizzo. L'assenza totale di questa azione di mediazione fra l'Azienda e il terreno politico espone a situazioni come quella di Vespa. Il vertice Rai, direttore e presidente, con una legge che marginalizza il Cda sono molto più esposti alle sventole della politica. Tutta la discussione su Vespa, prima della legge di dicembre, sarebbe stata ammortizzata all'interno del Cda e invece ora è stata fatta tutta all'esterno. Ed è allucinante, a questo proposito, che i vertici dell'Azienda siano stati convocati dalla commissione antimafia. I terreni normali di confronto sarebbero stati il consiglio di amministrazione e la commissione di Vigilanza".

"Con questo principio - è la valutazione di Diaconale - domani possiamo aspettarci che la Commissione Finanze convochi i vertici Rai per dirgli che i conti devono essere rivisti. Paradossalmente la nuova legge, che avrebbe dovuto togliere la politica dalla Rai, l'ha immersa totalmente nella politica ma tutta esterna". "Noi a tal proposito - spiega Diaconale - in vista del rinnovo della concessione del servizio pubblico radiotelevisivo (che dovrebbe essere prorogata dal 6 maggio prossimo fino ad ottobre) vogliamo aprire un dibattito per capire tante cose e comprendere, ad esempio, se c'è la possibilità di una internazionalizzazione della Rai, conservandone ed anzi accentuandone la caratteristica di servizio pubblico". Ma il ministero dello Sviluppo economico non ha già dato il via ad una consultazione pubblica proprio oggi? "Sì, ma io non nutro grande fiducia in questa sorta di Leopoldina Rai, perché avrei preferito approfondire temi più seri. E a questo fine noi organizziamo per il 10 maggio un convegno ad hoc".

Dopo il sì al piano industriale scatteranno le nomine ? "Se ne parla fra un po' sì - dice il consigliere - ma sono già state presi 17-18 esterni tra direttori di rete, persone scelte dai nuovi direttori per collaborare con loro, direttore dell'offerta informativa, direttore della direzione Digitale e di quella Creativa". "In realtà - confida Diaconale - sono preoccupato di come si stanno evolvendo le cose perché, da un lato, il piano industriale fissa una traccia rispetto a cui però non ci sono ancora delle rispondenze concrete, cioè nell'arco di 8-9 mesi sono stati cambiati parecchi vertici, rivoluzionato il management dell'Azienda ma i risultati concreti dobbiamo ancora vederli. Tutte persone di qualità, però, si sconta il fatto che ognuno di questi non conosce l'azienda e ha bisogno di un periodo per ambientarsi e questo a mio parere costituisce un rallentamento".

"I vertici - ripercorre le tappe Diaconale - sono arrivati ad agosto. Per mesi, fino a gennaio, si è aspettata la nuova legge con i nuovi poteri per il Dg, poi sono stati cambiati i direttori di rete, inserite nuove figure come Verdelli, Tagliavia, Maritan, Bagatti. Tutte persone di qualità rispetto alle quali però l'Azienda è ancora ferma. I nuovi direttori di rete hanno preso con sé altre persone esterne per essere supportati e anche queste new entry hanno bisogno di tempo per conoscere l'Azienda. Insomma abbiamo fatto una rivoluzione che ancora non ha prodotto risultati. Non sono un critico per principio, ma mi aspetto risultati concreti a breve e garanzie del pluralismo. Finora abbiamo parlato di progetti e prodotti, ma non sappiamo come questi prodotti rispecchieranno l'esigenza primaria del servizio pubblico che è appunto quella del pluralismo".

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