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Franchi tiratori, quando la 'vittima' fu Prodi

08 giugno 2017 | 16.09
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Romano Prodi (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Romano Prodi (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Tutti li temono. I franchi tiratori restano nascosti e colpiscono all’improvviso, pronti ad affossare non solo le leggi - come nel caso del mancato patto sulla legge elettorale di oggi - ma anche gli uomini che provano a salire al Quirinale senza essere graditi ai 'cecchini del Parlamento'.

Esattamente quanto accadde a Romani Prodi nel 2013. Il suo affossamento fu uno dei casi più eclatanti e quando si parla di franchi tiratori, la mente va automaticamente a quei 101 cecchini che gli impedirono di diventare capo dello Stato.

Era l'aprile del 2013 quando Prodi fu tradito dai suoi stessi compagni di partito - il Pd - che fermarono clamorosamente la sua corsa al Colle. Sulla carta il professore disponeva di 496 voti del centrosinistra, ma alla fine si fermò a quota 395. E pensare che la proposta di candidare Prodi, lanciata dal segretario Pier Luigi Bersani, era stata accolta dai grandi elettori Pd addirittura con una standing ovation. Il giorno prima si era consumato il flop di Franco Marini, candidato al Quirinale dell’accordo tra Bersani e Berlusconi.

Alla fine dei giochi, ad essere eletto Presidente della Repubblica, fu nuovamente Giorgio Napolitano cui fu chiesto, vista la difficile situazione politica nazionale, di dare la disponibilità per un secondo mandato (Napolitano era già stato eletto nel 2006). Il ricordo di quell'aprile brucia ancora, soprattutto nella memoria dei protagonisti del clamoroso 'tradimento' e l'immagine di quei 'cecchini' che, nascosti, 'sparano' all'improvviso è tutt'ora vivissima.

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