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Il dilemma del Pd

22 marzo 2018 | 10.47
LETTURA: 4 minuti

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP

La partita per la scelta dei presidenti di Camera e Senato è ancora tutta da giocare. Il Pd, in attesa delle mosse di centrodestra e M5S, pensa a nuove strategie da mettere in campo. I dem sono a un bivio. Sembra perdere forza l'ipotesi dell'Aventino, si punta alla carta del dialogo a patto però di rientrare a tutti gli effetti nella partita.

Ieri il reggente Maurizio Martina ha convocato i big dem al Nazareno sia per la nomina dei capigruppo in Parlamento sia per l'elezione dei presidenti delle Camere. Intanto nel centrodestra le quotazioni di Paolo Romani come candidato alla presidenza del Senato sono tornate a crescere e dal Pd si fa sapere che le reazioni sono "positive".

Ettore Rosato, ai microfoni di Circo Massimo su radio Capital, ha ribadito oggi la disponibilità al confronto da parte del Pd, chiarendo però che i dem non intendono restare all'angolo. M5S e FI ci hanno detto "abbiamo già deciso i presidenti di Camera e Senato, uno a Forza Italia e uno al M5s. Ci vediamo e ve lo diciamo - ha detto Rosato -. Così non va bene. Noi siamo disponibili al confronto e a ragionare insieme se si riparte da zero".

Alle votazioni per eleggere i nuovi presidenti delle Camere, ha sottolineato l'esponente del Pd "non faremo come il M5s quando abbiamo votato Grasso e Boldrini, quando ci fu quasi una occupazione dell'aula. Avremo un atteggiamento responsabile, siamo in Parlamento, ma non sosterremo candidature che non sono condivise".

"L'Aventino - ha concluso Rosato - non lo facciamo su nulla, né su questo né sul governo. Saremo all'opposizione in maniera leale come si fa quando si perdono le elezioni".

Intanto, però, non ci sarà l'indicazione dei nomi dei nuovi capigruppo nella riunione di stasera dei parlamentari dem. Tutto rinviato alla prossima settimana, lunedì o martedì. Al momento non ci sarebbero le condizioni per concordare una linea unitaria ed evitare la conta nei gruppi. I renziani insistono sulla coppia Lorenzo Guerini-Andrea Marcucci. Le minoranze e un pezzo della maggioranza, l'intervista di Luigi Zanda di oggi la conferma, chiedono maggiore discontinuità. In mezzo il reggente Maurizio Martina alla ricerca di una sintesi.

Ieri sera, la riunione dei big al Nazareno è stata disertata da Matteo Renzi e i suoi fedelissimi. E stamattina è partito il fuoco di fila dei renziani contro il 'caminetto' convocato da Martina che oggi però, nella sede del Pd, ha avuto un faccia a faccia con Luca Lotti. Alla Camera intanto Andrea Orlando e Gianni Cuperlo hanno riunito i parlamentari di area per riferire della riunione di ieri sera e ribadire che nell'indicazione dei nomi per capigruppo, uffici di presidenza dei gruppi e quindi, sul versante istituzionale, di vicepresidenti e uffici di presidenza di Camera e Senato "andrà messo in pratica quel principio di collegialità che la segreteria Martina sta recuperando".

La conta, minacciata dai renziani, sarebbe rischiosa, dicono. Sulla carta i numeri sarebbero a favore dell'ex-segretario ma, avvertono dalle minoranze, "la situazione è molto fluida e se si andasse a un conta il rischio di spaccare il gruppo è concreto". Stasera quindi la riunione degli eletti dem dovrebbe concentrarsi essenzialmente sulla partita delle presidenze delle Camere lasciando fuori le questioni interne ai gruppi. Il punto verrà fatto da Martina che introdurrà la riunione dei parlamentari.

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