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Choc da ballottaggio

26 giugno 2018 | 07.17
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Ammettono la sconfitta ma, su come rimettersi in piedi, ognuno ha la sua ricetta. E' un Pd frastornato - che cerca di scuotersi dopo la batosta elettorale, nella quale ha perso 33 dei 76 comuni che amministrava - quello che si deve misurare nuovamente con una sconfitta, stavolta ai ballottaggi, sui quali soffia ancora più forte il vento del 4 marzo. Ricostruire partendo dalle fondamenta, rifondazione totale dalle alleanze, ai programmi, alle parole d'ordine. Dicono sia Maurizio Martina che Carlo Calenda, uno dei più attivi negli ultimi mesi nel sollecitare la riscossa, sollevando il vessillo del 'Fronte repubblicano'.

Ma il segretario reggente sembra pensare a una 'traversata del deserto', a un lavoro di medio termine e non a una 'riscossa-turbo', come quella che Calenda vorrebbe imporre al partito, già da settembre, con una "costituente anti sovranista". "E' una sconfitta netta", dice il segretario Maurizio Martina, ripetendo poi, più tardi, che non esistono 'scorciatoie' o 'formule miracolistiche' per risollevare il partito, alludendo, forse, proprio all'accelerazione che Calenda vuole imporre al confronto.

"Il Pd - dichiara l'ex ministro dello Sviluppo - ha un limite: non riesce più ad aggregare. Ha avuto un logoramento fortissimo derivante anche da una conflittualità interna enorme. Invece penso che noi possiamo uscire dall'angolo se allarghiamo moltissimo", ma tutti si devono mettere in gioco. "Io, Minniti, ma anche la Pinotti e ovviamente Gentiloni, che è la persona più autorevole che esprime il centrosinistra, ci dobbiamo spendere. Allo stesso tempo va preparata per settembre una grande costituente anti sovranista e su questa costituente va mobilitato il Paese superando il Pd".

La Lega, nota Martina, vince perché indovina i temi politici e, allora, per capire la natura delle destre, il Pd deve tornare a studiare "i cambiamenti nei territori e nella società. Il lavoro da fare per il centrosinistra è profondo e non si risolve in una battuta o in qualche settimana. Lo dico a me stesso, innanzitutto: formule magiche facili non ce ne sono, scorciatoie neppure". Proprio come il 'Fronte repubblicano' sul quale da settimane insiste Carlo Calenda.

"Quando parliamo di fase costituente - sottolinea Andrea Orlando - parliamo di una ricostruzione dal basso, quindi, basta con le rimozioni. Sono mesi che si rimuove la drammaticità del voto di marzo. Qui c'è un cedimento strutturale rispetto al quale o se ne prende atto, ed è già un primo passo per ripartire, o altrimenti il rischio è quello di una marginalizzazione politica di una forza che è essenziale per la democrazia italiana".

Stavolta, dichiara all'unisono l'ala renziana del partito, la sconfitta non la si può comodamente attribuire all'ex segretario e premier Dem. "Almeno questa volta - afferma il sindaco di Firenze, Dario Nardella - mi aspetto che non diano la colpa a Renzi per quello che è successo". "Abbiamo perso malamente. Nessun se, nessun ma. Il voto amministrativo - scrive sulla sua pagina Facebook Andrea Marcucci - se non altro ha sgombrato il campo dal ruolo e dalle responsabilità di Matteo Renzi. Il 24 giugno il Pd ha perso anche senza di lui".

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