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Quando Grillo urlava al pericolo spread

20 ottobre 2018 | 14.09
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"Spettabile presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quasi tutto ci divide, tranne il fatto di essere italiani e la preoccupazione per il futuro della nostra Nazione". Inizia così la lettera che Beppe Grillo scrisse all'allora presidente della Repubblica quando lo spread superò quota 330, come accaduto anche ieri. Era il 29 luglio 2011: al governo c'era Berlusconi, pochi mesi dopo sarebbe arrivato Mario Monti.

"L’Italia è vicina al default, i titoli di Stato, l’ossigeno (meglio sarebbe dire l’anidride carbonica) che mantiene in vita la nostra economia, che permette di pagare pensioni e stipendi pubblici e di garantire i servizi essenziali, richiedono un interesse sempre più alto per essere venduti sui mercati", scriveva Grillo aggiungendo: "Interesse che non saremo in grado di pagare senza aumentare le tasse, già molto elevate, tagliare la spesa sociale falcidiata da anni e avviare nuove privatizzazioni. Un’impresa impossibile senza una rivolta sociale". Poi l'attacco al governo "squalificato", che "ha perso ogni credibilità internazionale" e "non è in grado di affrontare la crisi che ha prima creato e poi negato fino alla prova dell’evidenza".

Quindi l’invito al capo dello Stato a non restare inerte: "Lei ha il diritto-dovere di nominare un nuovo presidente del Consiglio al posto di quello attuale. Una figura di profilo istituzionale, non legata ai partiti, con un l’unico mandato di evitare la catastrofe economica e di incidere sulla carne viva degli sprechi. Gli italiani, io credo, sono pronti ad affrontare grandi sacrifici per uscire dal periodo che purtroppo li aspetta, ma solo a condizione che siano ripartiti con equità e che l’esempio sia dato per primi da coloro che li governano". E ancora: "Credo - scriveva Grillo - che lei concordi con me che con questo governo l'Italia è avviata al fallimento economico e sociale e non può aspettare le elezioni del 2013 per sperare in un cambiamento".

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