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Spariscono i fondi all'editoria

06 dicembre 2018 | 18.06
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Sforbiciata ai fondi per l'editoria. Al termine del vertice a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini è stato raggiunto un accordo per i tagli all’editoria, misura fortemente voluta dal M5S che, nei giorni scorsi, aveva subito uno stop in commissione Bilancio alla Camera.

"Faremo un taglio graduale all'editoria - ha detto al termine del vertice il vicepremier Luigi Di Maio -. Era una nostra grande battaglia dal 25 aprile del 2008. Si farà un primo taglio del 25% nel 2019 per i fondi all'editoria, il 50% nel 2020 e il 75% nel 2021 fino a che nel 2022 non ci saranno più fondi all'editoria in modo tale che tutti i giornali possano stare sul mercato".

In tre anni, dunque, spariscono i fondi all'editoria per i seguenti quotidiani: Avvenire (5,9 milioni di euro); Italia oggi (4,8 mln); Libero quotidiano (3,7 mln); Manifesto (3 mln) Il Foglio (800 mila euro), i settimanali cattolici e le testate delle minoranze linguistiche. La scure, riferiscono fonti di governo, non dovrebbe abbattersi su quelle aziende editoriali che hanno diritto a contributi inferiori al tetto stabilito di 500mila euro. Quanto a Radio Radicale, dovrebbero essere almeno 10 milioni di euro sui 14 sui quali contava l'emittente radiofonica.

Dura la reazione di Federazione nazionale della Stampa italiana e Ordine dei giornalisti: "Il trionfalismo con cui il vicepremier Luigi Di Maio e il sottosegretario con delega all'Editoria, Vito Crimi, annunciano il taglio del fondo per l'editoria sono l'ennesima conferma della volontà del Movimento 5 Stelle di colpire l'informazione - affermano Fnsi e Odg in una nota -. Di Maio e Crimi hanno gettato la maschera: vogliono ridurre le voci, indebolire il pluralismo, nell'illusione di cancellare le voci critiche e manipolare il consenso dei cittadini. L'unico risultato di questa operazione sarà la chiusura di alcuni giornali e la perdita di numerosi posti di lavoro".

"In questo scenario - conclude la nota - diventa sempre più chiara la portata strumentale e propagandistica del tentativo del vicepremier Di Maio di discutere di lavoro precario con Fnsi e Ordine. Non si può discutere di lotta al precariato con chi, con i suoi provvedimenti, creerà altri precari. Una ragione in più per rispondere alla convocazione del ministro con un'assemblea davanti alla sede del Mise, lunedì prossimo, 10 dicembre, a partire dalle 11".

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