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'70mila euro a post', quanto guadagnerebbe Salvini con i brand

30 dicembre 2018 | 13.29
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Foto da Facebook
Foto da Facebook

di Antonio Atte

Segretario della Lega, ministro dell'Interno, vicepresidente del Consiglio. E da qualche tempo a questa parte anche "influencer", stando alle invettive dei suoi più accaniti detrattori. Matteo Salvini ha fatto molto parlare di sé negli ultimi giorni per via di alcune foto postate sui social network che lo ritraggono in posa con prodotti di marca arci-noti al grande pubblico: dalla birra Moretti alle fette biscottate con Nutella. Un uso disinvolto dei brand che avvicina il titolare del Viminale all''uomo comune', dietro al quale non si cela alcuno scopo di lucro, ha assicurato Salvini.

Ma quanto guadagnerebbe il leader della Lega se fosse un influencer (come Chiara Ferragni o Mariano Di Vaio) e ricevesse un compenso per i suoi post? E' la domanda che abbiamo posto a Matteo Pogliani, esperto di social, comunicazione e influencer marketing. "Salvini - spiega all'Adnkronos Pogliani - per seguito, interazioni e portata è sicuramente equiparabile ai top influencer che dominano la scena social. Facendo una rapida analisi possiamo dare una stima del valore dei post da lui realizzati sui suoi canali, o meglio, possiamo capire quanto un brand pagherebbe per creare dei post sponsorizzati".

Su Instagram Salvini conta 1,1 milioni di follower, su Twitter oltre 940mila e su Facebook più di 3 milioni 340mila seguaci. "Secondo alcuni report internazionali sul tema costi (Captive8) e le fee di influencer simili per numero di follower e interazioni è possibile stimare che un post di Matteo Salvini potrebbe tranquillamente costare: tra i 25-50mila euro su Instagram; tra i 15-25mila euro su Twitter; tra i 50-70mila euro su Facebook", afferma l'esperto.

Ma il numero di 'mi piace', osserva Pogliani, c'entra fino a un certo punto. E a influire sull'entità dei guadagni sono anche altre variabili. "Quantificare il valore dei post degli influencer - spiega - è tema complesso, discusso e spesso dipendente da molteplici fattori (ancor di più quando non c'è la possibile controprova di dati di vendita o conversioni)". "Tipologia di attività richiesta, sentiment online, notorietà dell'influencer portano in molti casi a variazioni significative, difficili da stabilire o prevedere. Non è infatti, come troppi pensano, una questione di soli follower, ma della capacità di avere impatto su di loro e spingerli all'azione".

E in questo "Salvini è senza dubbio una figura di enorme portata, capace di dimostrare con i fatti tutto ciò". Alle stime sul valore dei post di Salvini "va poi aggiunto un elemento essenziale", afferma il guru del web, ovvero "la profonda credibilità che la sua posizione e il suo ruolo istituzionale gli conferiscono. Elemento che non molti influencer possono dare e che si farebbe ben pagare nel caso".

Analizzando la strategia social di Salvini nel suo complesso, Pogliani aggiunge: "Il suo maggior pregio sta proprio nell'aver perfettamente compreso il tono di voce per la sua audience, risultando così vicino, affine, parte stessa di quelle persone a cui si rivolge (si leggano in tal senso anche i post con Nutella e simili). Ed il suo successo sta proprio nell'apparire così, uomo comune tra altri uomini, condividendone passioni (calcio), necessità, rabbia".

Una 'vicinanza' all'uomo comune sottolineata anche da Andrea Paganella, capo segreteria del ministro dell'Interno e socio dello spin doctor del 'Capitano', Luca Morisi (col quale ha fondato la società Sistema Intranet). "Matteo Salvini posta da anni quello che mangia, che beve o che acquista, un po' per stare vicino alla gente che lo sostiene e che gli vuole bene, un po' per difendere i prodotti 'Made in Italy'. Lo faceva ieri al 3% e lo fa oggi da ministro dell'Interno con la Lega al 30%", ha scritto su Fb Paganella per replicare agli attacchi del Partito democratico.

Tuttavia, secondo Pogliani, l'uso dei marchi promosso da Salvini solleva un problema. "E' innegabile - ragiona l'esperto - che tali comunicazioni, alla luce del suo ruolo istituzionale, creino turbative al mercato, dando visibilità a questi marchi a scapito dei principali competitor. Un fatto su cui, a mio avviso, è giusto che gli enti preposti, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato su tutti, pongano attenzione e valutino di intervenire".

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