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Salvini: "Se riapri i porti, ritornano i morti"

19 gennaio 2019 | 16.29
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(AFP)
(AFP)

"Il naufragio di queste ore è la dimostrazione che se riapri i porti, che se permetti che tutti vaghino nel mar Mediterraneo imponendo le loro leggi, alla faccia dei leggi dei singoli Paesi, ritornano i morti". Lo dice il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, durante una diretta Facebook. "Quindi no, no, no! - prosegue il vicepremier -. Cuori aperti per chi scappa davvero dalla guerra ma porti chiusi, per Ong, trafficanti e tutti gli altri".

"Sarà una coincidenza che da tre giorni c'è una nave di una Ong, proprietà olandese, equipaggio tedesco, che gira davanti alle coste della Libia? Ed è un caso che in questi giorni gli scafisti tornano a far partire barchini, barconi e gommoni mezzi sgonfi che poi affondano e poi si contano i morti e i feriti?" dice Salvini. "Se lo scafista sa che se mette in mare questi disperati c'è la possibilità che qualcuno possa tornare a fargli guadagnare quattrini - aggiunge il titolare del Viminale - torna a farlo. Più ne partono, più nei muoiono".

Salvini poi replica a un utente, Michele, che gli dice "sono morte 112 persone in mare, di certo santo lei non è": "Amico mio - afferma il ministro - perché sono morte queste 112 persone? Perché le ha fatte partire Salvini? Perché le ha illuse Salvini? Perché le ha messe Salvini su un gommone mezzo sgonfio che dopo qualche ora è andato giù? O forse perché qualche scafista, qualche trafficante è in contatto e ha certezze del fatto che i suoi soldi se li guadagna perché poi qualcuno quei poveretti li recupera e li porta in Italia e in Europa?".

"Caro Michele, quelle 112 persone non sarebbero morte, non dovevano morire, non dovranno più morire, perché nei loro Paesi, con vie regolari, con Onlus e associazioni per bene, con Ong per bene e volontari per bene, si distinguono coloro che scappano dalla guerra, e sono pochi, e coloro che non scappano da nessuna guerra e non hanno diritto a partire e ad arrivare. Caro Michele, prova ad andare tu domani mattina in Australia, in Svizzera, in Canada, negli Stati Uniti, in Germania".

MATTARELLA - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione, ha espresso "profondo dolore per la tragedia che si è consumata nel Mediterraneo con la morte di oltre cento persone, tra donne, uomini, bambini".

LA PROCURA - Dopo il tragico naufragio nel Mediterraneo, la procura militare di Roma ha acquisito gli atti "per una prima valutazione e per una compiuta informazione su quanto accaduto". Al momento, precisano fonti qualificate all'AdnKronos, non è stato aperto un fascicolo e non è stata adottata ancora alcuna iniziativa ai fini dell'eventuale apertura di un'indagine della magistratura militare, che non viene considerata probabile almeno alla luce di quanto emerso finora.

CONTE - Parlando del naufragio, il premier Conte ha detto: "Non avrò pace fin quando i trafficanti non saranno assicurati alla Corte penale internazionale, perché questi sono crimini contro l'umanità". E ancora: "Siamo più convinti di prima a contrastare quei trafficanti che, dopo aver derubato le persone, seviziate e torturate, le avviano su barconi" destinati "a morte sicura". Per questo, ha spiegato il premier, "smesso questo mandato mi dedicherò al diritto penale per perseguire i trafficanti alla Corte penale internazionale".

SEA WATCH - Intanto Sea Watch fa sapere, via Twitter, di avere "appena concluso il soccorso" di 47 persone che si trovavano a bordo di un gommone. La stessa Ong precisa che "ora sono tutti a bordo, al sicuro". E "abbiamo informato tutte le autorità competenti. Quantomeno ci abbiamo provato: non siamo riusciti a raggiungere la cosiddetta Guardia costiera libica. Siamo ora in attesa di ulteriori istruzioni" scrive ancora in un tweet Sea Watch.

"Quest'ultima strage dimostra ancora una volta che le attuali politiche Ue migratorie uccidono e che la cosiddetta guardia costiera libica non è in grado di effettuare operazioni di salvataggio" afferma poi Kim Heaton-Heather, capo missione di 'Sea Watch'. Sulle 47 persone soccorse, che stanno ricevendo assistenza e cure mediche, aggiunge: "Siamo molto felici di averli trovati in tempo. Con un'Europa che non intende salvare e collaborare, rimangono le ormai pochissime navi civili di soccorso che fanno del loro meglio per soccorrere vite umane e difendere i diritti umani in mare''.

"Abbiamo bisogno - prosegue - di più assetti che operino soccorsi, non meno; e abbiamo bisogno della presenza della società civile che monitori quanto accade nel Mediterraneo e garantisca la difesa dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita".

"Abbiamo contattato Libia, Italia, Malta, Olanda (Stato di bandiera della Sea-Watch3). Per ora la sola risposta arriva da Roma - sottolinea la Ong riferendosi al soccorso dei 47 migranti - con riferimento a una competenza delle autorità libiche, con le quali, nonostante i tentativi anche telefonici, non è stato possibile coordinarsi".

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