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Foibe, il regista Belluco: "Dall'Anpi solo astio, mai accettato confronto"'

04 febbraio 2019 | 20.31
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"Ho invitato l’Anpi, innumerevoli volte, a un confronto nel nome del libero pensiero e dello spirito democratico. Mai avuto risposte. Il metodo non è cambiato, ancora il perpetrarsi di affermazioni generiche, senza mai dare riferimenti precisi e citare fatti concreti, sui quali, aggiungo, ancora oggi dopo più di settanta anni si ha paura di confrontarsi in un pubblico dibattito. Perché?". A parlare all'Adnkronos è Antonello Belluco, cosceneggiatore di "Red Land- Rosso Istria" e regista di "Il segreto d'Italia", film con Romina Power sull'eccidio partigiano di Codevigo, che così replica a Floriana Rizzetto, presidente dell'Anpi di Padova, che, sottolinea Belluco, "continua ad asserire che il mio film 'Il segreto di Italia' contiene imprecisioni, non è obiettivo, decontestualizzato e che non racconta chiaramente che alcuni di quelli uccisi dai partigiani erano fascisti coinvolti in crimini efferati".

"La sceneggiatura - racconta il regista - la scrissi con il compianto Gerardo Fontana, venuto a mancare durante le riprese. Fu Gerardo Fontana a chiedermi di scrivere con lui questa storia. Me lo chiese in nome dell'esperienza diretta della tragedia che coinvolse anche la mia famiglia profuga da Fiume e scappata dalle foibe titine. Gerardo era uno sceneggiatore della Endemol. Autore e regista di tre film e il venerdi, quando tornava a Codevigo, entrava fattivamente nel suo ruolo di sindaco del paese. Lo ha fatto per due legislature e una come vicesindaco. Era un uomo intellettualmente onesto, aperto, approvò il sacello dove vennero raccolti i resti di 114 corpi, tra cui 16 ignoti. Di molti altri non se ne seppe più nulla. Gerardo Fontana era come un fratello ed era un uomo di sinistra. Volle fare questo film perché credeva che in ogni casa si avesse il diritto di avere idee diverse. Nella sua famiglia, come in tutte, c’erano più ideali: fascisti, comunisti, cattolici. Ma quando ti viene a mancare uno di loro, Farinacci Fontana, perché aveva, a soli 18 anni, la camicia nera e senza aver commesso assolutamente nulla di male, si può capire che il colore della politica viene meno e il dolore che la vita ci presenta sale sul pulpito e grida. Per la Signora Rizzetto, Gerardo Fontana, non doveva avere questo diritto?".

"Con Gerardo - aggiunge Belluco - volevamo dare un messaggio di pace, che fosse anche di rappacificazione sullo sfondo e sugli insegnamenti che venivano dalla storia privata di questi esseri umani uniti dal sangue e dall’affetto, parte dei quali si erano trovati davanti ad un plotone di esecuzione; sottolineando l’innocenza di un ragazzo che si vedeva falciata la vita da un mitragliatore solo per odio politico, senza processo ed in nome di una 'giustizia sommaria'. Per quanto riguarda le dichiarazione della signora Rizzetto 'non raccontava chiaramente che alcuni di quelli uccisi dai partigiani erano fascisti coinvolti in crimini efferati' lascio a chiunque il giudizio su tale affermazione. Il film non ha voluto raccontare né il prima, né il dopo, né i perché ma solo uno spaccato di vita personale. Là dove sono stati fatti innumerevoli film dalla parte dei vincitori viene bollato come 'delitto' averlo realizzato per i vinti. Allora è impossibile non pensare che non ci sia desiderio di umana verità. Solo un profondo inestinguibile astio. Questo è un modo assolutamente sbagliato di gestire i contributi che gli italiani hanno versato e versano da decenni per tenere in vita questa associazione: l’Anpi", conclude il regista.

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