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Rai-Radio Radicale, trattative per un matrimonio

05 aprile 2019 | 18.02
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Sul piatto frequenze, teche e know how

(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Veronica Marino
E se dopo la crisi di Radio Radicale, ci fosse invece un lieto fine? Un matrimonio con la Rai a beneficio di tutti, e in particolare, del Servizio Pubblico, considerata la dote di Radio Radicale in termini di archivio audio e video (il più grande presente in Italia con 400mila documenti) e in termini di frequenze? Da qualche tempo, a quanto apprende l’Adnkronos, in Rai si sta ragionando, anche se parlare di una trattativa, se pure informale, è troppo. Ci si annusa, ma i timori in Viale Mazzini non mancano, nonostante ci sia la consapevolezza dei vantaggi che ciò comporterebbe per il Servizio Pubblico.

In realtà sono anni che, di tanto in tanto, questo possibile matrimonio è argomento di discussione in Viale Mazzini ma senza che ciò abbia mai messo radici nel concreto. Ora, però, ci sono due coincidenze uniche nel loro genere. La prima, il Contratto di Servizio Rai-Mise impone a Rai la creazione di un canale tv istituzionale, al quale il grande archivio video di Radio Radicale sarebbe quantomai utile. Canale il cui costo è stato individuato nel piano industriale in 60 milioni di euro, unito, però, al canale in inglese. E questo, mentre Gr Parlamento - che da anni è stato depotenziato dalla stessa Rai e ciononostante continua a svolgere il proprio compito di informazione istituzionale - potrebbe ora avere l’occasione per il suo rilancio.

Ed ora la seconda coincidenza: il 21 maggio scade la convenzione tra Radio Radicale e Mise per le sedute dal Parlamento, che è stata già dimezzata dall’ultima Legge di Stabilità passando da 8 a 4 milioni netti, mentre contestualmente è stato cancellato il rimborso a Radio Radicale di 4 milioni annui del fondo editoria (nato in virtù della legge del 90 che riconosce Radio Radicale ‘radio di interesse generale’) che porterà l’azzeramento secco a partire dal 2020. E questo, tenendo conto che corrisponde proprio a 4 milioni la cifra che Radio Radicale sostiene per il solo costo industriale dei propri impianti di trasmissione, ben 285 (contro i 120 della Rai) in 20 regioni che consentono di raggiungere l’80% della popolazione italiana.

Insomma, dell’argomento si parla da tempo e in questi giorni si registra una forte sensibilità sul tema del salvataggio di Radio Radicale anche, e trasversalmente, nella Commissione di Vigilanza Rai. In particolare, il presidente Barachini avrebbe incontrato il direttore della Radio, Alessio Falconio, ascoltando il suo appello e assicurandogli l’avvio di una interlocuzione anche con il servizio pubblico per valutare la prospettiva di una eventuale collaborazione per il futuro della Radio, anche in considerazione del grande interesse culturale che rivestono le teche e l’archivio di Radio Radicale.

Ma chiacchierando con i politici di diversi schieramenti e ascoltando anche le loro dichiarazioni pubbliche, sembra proprio che il valore di Radio Radicale, presente nelle Istituzioni (non solo Camera e Senato ma anche Csm, Corte Costituzionale e aule dei tribunali) da oltre 40 anni con le sue dirette, sia trasversalmente riconosciuto.

Se il matrimonio si dovesse celebrare, una volta superata la crisi attuale, la Rai si troverebbe per la prima volta a fare un’acquisizione o un assorbimento (o qualsivoglia sia la forma) in un’ottica di rilancio, puntando sull’informazione istituzionale, in linea con il contratto di servizio. Senza dimenticare poi che tra Rai Parlamento e Gr Parlamento si arriva a circa 40 persone, numero che appare piuttosto esiguo per fare un canale radio e un canale tv istituzionale, oltre a tutti i programmi che Rai Parlamento realizza per le generaliste.

Naturalmente anche Radio Radicale potrebbe così tutelare le proprie frequenze e il proprio patrimonio audio e video, oltre ai posti di lavoro (53 persone di cui 22 giornalisti che conoscono a menadito tutte le istituzioni; 10 archivisti, che gestiscono uno dei più grandi archivi istituzionali; 7 amministrativi e restanti tecnici molto capaci). Appare, però, altrettanto evidente che se Radio Radicale dovesse trovarsi costretta, dovrebbe vendere in corsa al migliore offerente, un manager che potrebbe così entrare nel mercato della radiofonia già con i piedi nel piatto, visto che in ballo non ci sono solo le frequenze ma anche la concessione nazionale che è in capo a Radio Radicale e senza la quale non si può trasmettere.

E torniamo ai timori della Rai di cui abbiamo scritto in premessa: i costi del pacchetto nella sua completezza e cioè frequenze, archivio e risorse umane di Radio Radicale. A questo proposito nessuno si sbilancia sulle cifre e neppure sulla reale possibilità che una operazione così illuminata possa andare in porto. Di certo, comunque, il governo - se volesse - potrebbe dare una mano, anche soltanto con una proroga di 6 mesi. Sarebbe un segnale e un aiuto concreto per creare lo spazio a una trattativa concreta.

DI NICOLA DEL M5S - ''Anche io ho seguito e seguo il dibattito pubblico che si è sviluppato intorno a Radio Radicale negli ultimi mesi e l'ho seguito con l'attenzione di chi come cittadino e giornalista è cresciuto seguendo la voce preziosa della vostra radio e da questo punto di vista anche io sono preoccupato" ha detto a Radio Radicale il vicepresidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai, Primo Di Nicola, del M5s. "Credo sia il momento di riflettere con convinzione sulla situazione e sul destino di Radio Radicale, un'emittente storica che ha svolto un ruolo di eccellenza nel campo della informazione istituzionale, un'attività realizzata anche grazie ai corposi contributi pubblici che hanno consentito all'emittente fondata da Marco Pannella di seguire appuntamenti e avvenimenti decisivi nella storia recente del nostro Parlamento, per non parlare dei processi, dei dibattiti intorno ai temi dei diritti civili, della democrazia e della politica estera, temi che hanno segnato passaggi decisivi del nostro Paese. Si tratta di un patrimonio che a mio avviso non possiamo assolutamente disperdere''. "Io voglio essere chiaro e sincero come cerco di essere sempre trattando di tematiche che investono la vitalità, la bontà, la sostanza della nostra democrazia informativa. Ebbene io credo che nella situazione che si è creata e che rischia di vedere Radio Radicale, priva del sostegno pubblico, dismettere del tutto o in parte le sue attività e i suoi asset per cercare legittimamente risorse sul mercato privato, ebbene in questa situazione quello che noi dobbiamo evitare è che questo patrimonio finisca nelle mani sbagliate. Perciò per evitare questo rischio credo che sia innanzitutto necessario che il governo allunghi la convenzione in scadenza almeno di sei mesi e comunque del tempo necessario che serve per capire come Radio Radicale possa continuare a vivere e a svolgere le sue attività, ma soprattutto per avere il tempo per riflettere sulla possibilità che questo enorme patrimonio costituito dall'archivio di Radio Radicale possa magari, perché no, essere acquisito anche dalla Rai, qualora beninteso anche il management della società lo ritenesse utile e comunque opportuno per gli interessi pubblici che ci sono in ballo da questo punto di vista". "D'altra parte - ha proseguito l'esponente del M5s - il nuovo piano industriale messo a punto dall'amministratore delegato Fabrizio Salini prevede la nascita di un nuovo canale pubblico dedicato all'informazione istituzionale e da questo punto di vista l'esperienza, gli archivi e, perché no, anche la professionalità dei giornalisti di Radio Radicale potrebbero benissimo sposarsi con questo progetto. Io non ho avuto possibilità di parlare con il management della Rai perché non è tra i miei compiti istituzionali e politici dialogare con loro su questo punto, però il piano industriale prevede la nascita di un canale istituzionale e da questo punto di vista io credo che un nuovo canale abbia innanzitutto bisogno di contenuti e i contenuti di Radio Radicale sono dei contenuti straordinari, perché a partire dalla fine degli anni settanta Radio Radicale ha cominciato a trasmettere l'attività del Parlamento". "Questo è un patrimonio prezioso e anche dal punto di vista commerciale è un patrimonio di cui secondo me un canale istituzionale come quello della Rai ha assolutamente bisogno. Sono probabilmente milioni di ore di trasmissione che custodiscono un patrimonio di voci dei protagonisti, dei padri della Repubblica, sono qualcosa di straordinariamente interessante anche per le generazioni future. Per questo dico, per i compiti che spettano alla Commissione parlamentare di vigilanza, discutendo di piano industriale e quindi anche della nascita del nuovo canale istituzionale, se c'è la possibilità di sviluppare anche in quella sede un ragionamento intorno a questo patrimonio di contenuti che Radio Radicale si porta dentro, credo che sarà interessante esporre questo mio punto di vista, ma credo che la stessa riflessione debbano e sicuramente la staranno facendo anche i vertici della Rai, perché i vertici della Rai sono gli amministratori di una società che comunque deve stare sul mercato anche con i contenuti diversi e importanti, come quelli di Radio Radicale, che possono continuare a qualificare anche il servizio pubblico nel campo dell'informazione''.

FALCONIO DI RADIO RADICALE - "Abbiamo poche settimane di tempo, la convenzione scade il 21 maggio e l'unico dato certo è questa scadenza - ha detto all'Adnkronos il direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio -. Come chiede anche Primo Di Nicola, 'conditio sine qua non' di qualunque ipotesi è la proroga della convenzione. A noi interessa non morire il 21 maggio".

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