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Terremoto, Berlusconi: "Ricordo come oggi il dolore e l'angoscia"

05 aprile 2019 | 22.06
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A distanza di dieci anni dal terremoto dell'Aquila, l'ex premier in un'intervista all'Adnkronos, ripercorre la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009, ricordando quei terribili momenti. E ancora, la reazione del governo all'emergenza, la sfida della ricostruzione e l'idea di portare i grandi della terra a L'Aquila per il G8.

(Foto Ipa/Fotogramma)
(Foto Ipa/Fotogramma)

di Giuseppe Leboffe

A distanza di dieci anni dal terremoto dell'Aquila, Silvio Berlusconi, in un'intervista all'Adnkronos, ripercorre la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009, ricordando "il dolore e l'angoscia'' di quei momenti, man mano che emergevano le proporzioni della tragedia. E ancora, la reazione del governo all'emergenza, la sfida della ricostruzione, l'idea di portare i grandi della terra a L'Aquila per il G8. L'ex premier invita a non fare speculazioni sulle emergenze che hanno colpito il paese, perché "di fronte alle catastrofi ci si rimbocca le maniche e si lavora tutti insieme".

- Dieci anni fa il terremoto dell’Aquila. Qual è il primo ricordo di quel 6 aprile 2009?

"Come spesso accade in queste grandi tragedie, al principio non si riesce ad avere la dimensione esatta dell'accaduto. Quando il dottor Letta mi svegliò nella notte con la notizia della scossa sismica, mi parlò della possibilità che ci fossero delle vittime. Con il passare dei minuti il bilancio si aggravò sempre più. Ricordo come se fosse oggi il dolore e l'angoscia crescente che ci prese, man mano che il dramma emergeva nelle sue reali dimensioni. Ma fu in quella stessa tragica mattinata che prendemmo un impegno, con Gianni Letta e Guido Bertolaso: in nessun caso doveva ripetersi quanto accaduto nel Belice o in Irpinia, dove persone che avevano perso tutto sono state condannate a vivere per anni o per decenni in condizioni disperate, quasi come in un campo profughi".

- Lei mise in piedi un progetto ambizioso che, grazie anche a uomini come Bertolaso, restituì in fretta un alloggio ai cittadini sfollati. Le casette dell’Aquila costituiscono un modello ancora attuale e replicabile in altre situazione simili?

"Si tratta di un modello che viene tuttora studiato e visitato da esperti stranieri per poterlo imitare in emergenze simili. Sono tanto attuali che alcune di esse, che nel frattempo si sono rese libere, sono state utilizzare per ospitare un certo numero di vittime dei recenti terremoti nell'Italia centrale".

- Perché questo esempio non è stato seguito per i terremoti che hanno colpito l'Italia negli anni successivi?

"La domanda andrebbe rivolta a chi ha gestito quelle emergenze. Su queste vicende sono sempre stato contrario a ogni speculazione politica: di fronte alle catastrofi ci si rimbocca le maniche e si lavora tutti insieme. Però il fatto che le popolazioni terremotate dell’Italia centrale abbiano passato il secondo inverno al freddo è davvero imperdonabile".

- Discorso diverso la ricostruzione. A dieci anni di distanza, L'Aquila è ancora lontana dall'essere la città di prima. Cosa potevano fare e non hanno fatto i governi successivi per accelerare la rinascita dell'Aquila?

"La ricostruzione non dipende solo dai governi, ma i governi che si sono succeduti avrebbero potuto certamente stimolare, incoraggiare, creare strumenti legislativi per superare le pastoie burocratiche e accelerare la ricostruzione. Premesso questo, gli enti locali hanno responsabilità gravissime, che i cittadini hanno capito molto bene, operando una svolta e scegliendo il centrodestra prima all'Aquila e poi in Regione".

- Come le venne l’idea di organizzare proprio all'Aquila il G8 all'indomani del terremoto?

"Eravamo nel pieno fervore dei preparativi per il G8 che doveva svolgersi alla Maddalena, un'occasione molto importante per l'immagine e il prestigio dell'Italia. Stavamo lavorando su progetti molto belli, interessanti per valorizzare quello splendido arcipelago come meritava. Ma di fronte allo spettacolo di macerie dell’Aquila, al dolore della gente abruzzese, pensai che non potevamo disperdere le nostre energie in altri luoghi". "Il dramma dell’Abruzzo in quel momento era l'Italia. I Capi di Stato e di Governo -prosegue Berlusconi- dovevano rendersi conto di persona di quanto era accaduto. Per questo ordinai di fermare subito i preparativi e di trasferire il vertice all'Aquila. Certo, i leader stranieri non ebbero modo di godere dello splendido mare della Sardegna, al quale io per primo sono tanto affezionato. Ma si resero conto dell'entità del disastro, e dello sforzo che il nostro Paese stava mettendo in campo".

- Portò i grandi della terra nei luoghi del disastro, ricorda le parole di Obama di fronte alle macerie?

"Obama disse 'ho l’Aquila nel cuore' e promise un piano di aiuti per gli studenti dell'università, mediante scambi con gli atenei americani. Molti altri leaders invece hanno preferito impegnarsi ad 'adottare' un monumento fra i tanti danneggiati, finanziandone il restauro o la ricostruzione".

- Ci fu anche una gara di solidarietà da parte dei leader, le promesse di quei giorni sono state mantenute?

"In gran parte sì. Ne sono particolarmente grato ai leaders dei diversi paesi, molti dei quali erano e sono anche miei amici personali. Per esempio il Presidente Russo Medvedev ha finanziato il restauro dello splendido Palazzo Ardinghelli, riaperto al pubblico proprio pochi mesi fa e destinato ad ospitare – se il governo non farà mancare i fondi necessari - la sede aquilana di un museo prestigioso come il Maxxi".

- Lei è tornato recentemente in Abruzzo per le elezioni regionali. Ora che il centrodestra ha vinto e guida l'Abruzzo, si sente di fare una nuova promessa agli aquilani a distanza di dieci anni?

"Posso confermare che ci impegneremo con la stessa determinazione di allora per far ripartire l'Abruzzo dopo anni di immobilismo. Ho imparato a conoscere gli abruzzesi in quei giorni drammatici e meritano certamente un governo locale – e spero presto anche nazionale – all’altezza delle loro aspettative".

- il governo attualmente in carica ha dovuto fronteggiare un'emergenza come quella del ponte Morandi. Qual è il suo giudizio sull'operato del ministro Toninelli? Ha in mente un uomo a cui avrebbe affidato il dossier del ponte Morandi a occhi chiusi?

"Come ho detto tante volte, non amo polemizzare sulle tragedie. Il mio giudizio sul ministro Toninelli è molto severo, non specificamente per la vicenda di Genova, ma per il complesso del suo operato. Credo che sia fra le figure più imbarazzanti di questo pessimo governo. Al suo posto, un uomo come Guido Bertolaso si sarebbe messo immediatamente a lavorare per risolvere l'emergenza e ricostruire, con competenza e determinazione, invece di anticipare la magistratura nella caccia ai colpevoli e farneticare su nazionalizzazioni di cui l'Italia non ha certo bisogno".

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