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Boccassini va in pensione

06 dicembre 2019 | 12.04
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Sabato 7 dicembre spegne 70 candeline: da Tangentopoli alla stretta di mano con Berlusconi

Ilda Boccassini (FOTOGRAMMA)
Ilda Boccassini (FOTOGRAMMA)

di Antonietta Ferrante
Va via in silenzio, come in silenzio per 40 anni ha condotto le sue inchieste contro la criminalità organizzata o il malaffare in politica. Ilda Boccassini lascia la procura di Milano: sabato 7 dicembre spegne 70 candeline e andrà in pensione per raggiunti limiti di età, non sarà più al quarto piano del Palazzo di Giustizia, nella stanza 30, dove ha messo piede la prima volta nella primavera del 1979. Nessuna cerimonia pubblica di commiato per salutare un magistrato che, indubbiamente, è stato protagonista delle principali inchieste del Paese. 

Da 'Mani Pulite' all'indagine 'Duomo Connection', la prima sulle infiltrazioni della mafia al Nord, dai processi Imi-Sir, lodo Mondadori e Sme con imputati Cesare Previti e Silvio Berlusconi (poi assolto) alla caccia agli autori delle stragi di Capaci e via D’Amelio fino al processo Ruby. La sua storia è legata a Milano, tranne la parentesi siciliana dopo la morte dell'amico Giovanni Falcone con le indagini sulla strage di Capaci e quella di via D’Amelio e la cattura di Totò Riina. "Avete fatto morire voi Giovanni Falcone, con la vostra indifferenza, con le vostre critiche" il j’accuse lanciato in occasione del primo anniversario dal Palazzo di Giustizia di Milano. 

Parole che confermano un carattere spigoloso che le è valso qualche contrasto con i colleghi fin dai tempi di Tangentopoli. Magistrato rigoroso, tanti le attribuiscono un fiuto investigativo da far invidia a un poliziotto, non si è mai tirata indietro quando ha dovuto prendere una posizione. Sempre protetta dai ragazzi della sua scorta, l'immagine che ha restituito, di recente, è di una donna sola, quasi di un ospite ingombrante in procura. Eppure il suo curriculum è invidiabile.

A capo della Direzione distrettuale antimafia, titolare del fascicolo sulle nuove Brigate rosse, è stata la prima a processare un presidente del Consiglio in carica: Silvio Berlusconi le strinse la mano durante il processo Ruby per poi tornare ad attaccare 'Ilda la Rossa', appellativo legato al colore dei capelli ma usato per alludere a una sua 'politicizzazione'. Dall'ottobre 2017 ha lasciato la carica di procuratore aggiunto, alla scadenza degli otto anni di carica, ma la sua corsa alla poltrona di procuratore capo di Milano non è stata vincente: fuori dalle logiche delle correnti non ha preso neppure un voto. 

Ha diretto il pool sull'intreccio tra criminalità economica e politica corrotta rimasto scoperto per la malattia rivelatasi letale di Giulia Perrotti, poi con il ritorno come aggiunto di Maurizio Romanelli è rimasta di fatto in attesa della pensione. Nessuna festa per l'addio alla toga, non ama mischiarsi alla folla lei che è stata schiva anche nell'ultimo saluto a Francesco Saverio Borrelli, il quale dopo averla estromessa dal pool antimafia le chiese di tornare a Milano.

"Hai resistito alle lusinghe del potere, sei stato un esempio di integrità per chi, come me, non ha ceduto a compromessi. Dopo di te tenebre" le parole scelte per il necrologio. Se sono pochissimi i giornalisti a cui replica a un 'buongiorno' - raro vedere chi varca la soglia a caccia di notizie -, anche tra i magistrati c'è chi rischia di non ricevere risposta. Amante dei film colti e di viaggi, magistrato simbolo nei processi contro le mafie e la corruzione, pure gli arrestati l'hanno sempre temuta. "L’ho vista in televisione: dobbiamo stare attenti, quella è una tigre" dicevano i boss della 'ndrangheta intercettati in Lombardia. Difficile credere che il suo ruggito possa davvero finire.

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