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Legge elettorale, Consulta boccia referendum

16 gennaio 2020 | 18.10
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Giudicato "inammissibile" dalla Corte Costituzionale il referendum proposto da otto Regioni, tutte a guida centrodestra: "Quesito eccessivamente manipolativo". Zingaretti: "Caduto bluff di Salvini". Ira del leader della Lega: "Ladri di democrazia". Meloni attacca: "Sentenza prevedibile, quesito era sgradito a sinistra". Di Maio: "Lega voleva poltrone, ora proporzionale"

(Fotogramma)
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di Enzo Bonaiuto
"Inammissibile": è questo il giudizio della Corte Costituzionale sul referendum elettorale proposto da otto Regioni - tutte a guida centrodestra - che avrebbe avuto l'effetto di annullare la parte proporzionale della legge elettorale, trasformandolo di fatto in un sistema maggioritario 'puro'. Per i giudici della Consulta, il quesito proposto era "eccessivamente manipolativo".

In una nota informativa, che precede il deposito della sentenza, prevista per il 10 febbraio, la Corte Costituzionale, spiega che "la richiesta è stata dichiarata inammissibile, per l'assorbente ragione della eccessiva manipolatività del quesito referendario, nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito la autoapplicatività della normativa di risulta".
I giudici si sono riuniti in camera di consiglio, dopo l'udienza pubblica, per discutere la richiesta di ammissibilità del referendum elettorale dal titolo 'Abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica', presentata da otto Consigli regionali: Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Abruzzo, Basilicata e Sardegna. Oggetto della richiesta referendaria erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera, con l’obiettivo dichiarato di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali.

La nota informativa della Consulta spiega che "per garantire la cosiddetta "autoapplicatività della normativa di risulta", richiesta dalla "costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale", il quesito investiva anche "la delega conferita al Governo con la legge n. 51 del 2019 per la ridefinizione dei collegi, in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari".

Preliminarmente, "la Corte Costituzionale ha esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli otto Consigli regionali promotori" e lo ha giudicato "inammissibile perché, fra l’altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum".

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